Verona. Poliziotti arrestati per tortura, il Gip: «Hanno tradito la loro funzione, persone usate come stracci per pulire a terra»

Nell'ordinanza vengono descritti i comportamenti dei poliziotti: due hanno costretto una persona a orinare in una stanza per poi gettarla a terra e costringerla a nettare

Martedì 6 Giugno 2023 di Redazione Web
Cosa dice l'ordinanza

VERONA - Hanno tradito la divisa. Questa l'affermazione del Gip di Verona, Livia Magri, all'interno dell'ordinanza con cui ha disposto la custodia cautelare per 5 poliziotti di Verona, accusati di violenze e torture nei confronti di persone poste sotto la loro custodia. «È innegabile - si legge - che tutti gli indagati, con le condotte sopra descritte abbiano tradito la propria funzione, comprimendo i diritti e le libertà di soggetti sottoposti alla loro autorità offendendone la stessa dignità di persone, creando essi stessi disordine e compromettendo la pubblica sicurezza, commettendo reati piuttosto che prevenirli, in ciò evidentemente profittando della qualifica ricoperta, anche compiendo falsi ideologici in atti pubblici con preoccupante disinvoltura».

L'ordinanza: la violenza e gli insulti

Calci, pugni ed umiliazioni contro stranieri o senzatetto, persone in stato di fermo costrette a subire la violenza degli agenti di polizia. I capi d'accusa con cui il Gip ha disposto i domiciliari per un ispettore e quattro agenti della Questura di Verona raccontano di una serie di violenze nei confronti di chi veniva fermato e portato negli uffici per l'identificazione. In un caso un agente sferrò uno schiaffo al volo di uno dei fermati, si legge nell'ordinanza, così «vigoroso da fargli perdere i sensi per alcuni minuti».
«Stai zitto, altrimenti entro dentro e vedi cosa ti faccio», una delle frasi con cui gli agenti si rivolgevano ai fermati. In alcuni casi, poi, oltre alle botte e agli insulti razzisti e xenofobi, gli agenti infierivano utilizzando anche lo spray al peperoncino. «Ti spruzzo nel c...o», minacciava l'ispettore arrestato davanti ai colleghi. «I soprusi, le vessazioni e le prevaricazioni poste in essere dagli indagati risultano aver coinvolto, in misura pressocché esclusiva - scrive Magri - soggetti di nazionalità straniera, senza fissa dimora, ovvero affetti da gravi dipendenze da alcol o stupefacenti, dunque soggetti particolarmente 'deboli'».

L'agente che si vanta con la fidanzata

Uno dei poliziotti di Verona arrestati «raccontava alla fidanzata, inframezzando il narrato con risate e commenti divertiti, il pestaggio ai danni di una delle vittime».

Nel documento vengono riportate alcuni stralci dei suoi dialoghi con la fidanzata, quando le raccontava delle violenze nei confronti di alcune persone che aveva fermato: «m... che pigna che gli ho dato». E ancora: «ho detto vabbè, oggi le devi prendere anche da me!». In un'altra conversazione aggiungeva: «Gli ho fatto una presa io, gli ho calciato fuori e poi l'abbiamo portato dentro insieme, no, e vabbè gli abbiamo tirato due, tre schiaffi a testa, no, ma così, giusto per...». 

In uno dei casi di violenza che hanno portato agli arresti di cinque agenti della questura di Verona, due poliziotti sono accusati non solo di aver picchiato una persona sottoposta a fermo di identificazione, ma anche di averla costretta a urinare nella stanza fermati. Gli indagati l'hanno poi l'hanno spinta in un angolo facendola cadere a terra e usandola «come uno straccio per pulire il pavimento»

Il modus operandi

Si coprivano l'un l'altro, ridevano dei pestaggi, si vantavano delle botte quando fermavano qualcuno. Un «modus operandi consolidato» scrive il giudice Magri e «condiviso da numerosi operanti dell'ufficio Volanti della Questura». I pestaggi avvenivano lontano dagli occhi indiscreti delle telecamere, in quello che veniva chiamato il «tunnel», un'area cioè dove non erano presenti sistemi di videosorveglianza. Particolare attenzione viene posta sul ruolo di uno degli agenti, Alessandro Migliore, del quale si sottolinea nell'ordinanza una «spiccata propensione criminosa». Il poliziotto - si legge - si è reso protagonista «di reati assai gravi», «torturando con sadico godimento, in più occasioni e in un arco temporale del tutto contenuto, diverse persone private della loro libertà personale anche semplicemente per l'identificazione, in totale assenza di necessità e con crudeltà». Era lui che si vantava con la fidanzata dei pestaggi. Alle vittime diceva: «Adesso ti faccio vedere io quante capocciate alla porta dai, boom boom boom boom». «E io ridevo come un pazzo», raccontava alla ragazza. Parlava delle «stecche» sul volto sferrate alle vittime, dei calci e dei pugni. «Ho caricato una stecca amò, bam, lui chiude gli occhi, di sasso per terra è andato a finire, è rimasto a terra», racconta al telefono.

Ma a picchiare erano tutti, sostiene ancora il giudice, prendendosi gioco delle loro vittime, utilizzando anche lo spray al peperoncino senza alcuna ragione, solo per il sadico gusto di umiliarle. Le pestavano tutti insieme, trascinandole nelle stanze della Questura, picchiandole e umiliandole fino a negargli il bagno costringendole a rotolarsi nell'urina sul pavimento. «Com'è che Roberto non l'ha ammazzato», chiede un'agente intercettata ai colleghi. «Sì che l'ammazza», la risposta. «Lo buttiamo là alla casa abbandonata, prende una scarpata nei cogl..ni». «Stai zitto, altrimenti entro dentro e vedi cosa ti faccio», una delle altre minacce nei confronti delle vittime. «Da tali dialoghi si desume in maniera inequivocabile la consuetudine nell'utilizzo ingiustificato di violenza fisica», conclude il gip chiedendo la misura cautelare nei confronti di chi commetteva reati «piuttosto che prevenirli».

Ultimo aggiornamento: 18:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA
Potrebbe interessarti anche
caricamento

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci