Plastica, troppo virtuosa: il Tar boccia Verona. Annullata l'ordinanza che imponeva vettovaglie biodegradabili in bar, ristoranti e sagre

Martedì 12 Gennaio 2021 di Angela Pederiva
Plastica, troppo virtuosa: il Tar boccia Verona. Annullata l'ordinanza che imponeva vettovaglie biodegradabili in bar, ristoranti e sagre
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VERONA - Città libere dalla plastica? Non in Veneto e, par di capire, nemmeno in Italia: l'ha deciso il Tar di Venezia, con una sentenza che riguarda specificamente l'ordinanza di Verona e che promette tuttavia di fare giurisprudenza anche nel resto della regione (e della nazione), dove diversi municipi da Chioggia a Cortina d'Ampezzo avevano emanato provvedimenti simili.

Si tratta del divieto di utilizzo e distribuzione di piatti, posate, bicchieri e cannucce usa e getta nella somministrazione di alimenti e bevande: secondo i giudici, quella proibizione è illegittima, in quanto non è sostenuta da «alcuna fonte normativa europea vincolante», il cui recepimento peraltro è «competenza dello Stato».


IL TESTO

Firmato dal sindaco Federico Sboarina il 27 settembre 2019, il testo era destinato a entrare in vigore il 28 marzo 2020, giornata internazionale in cui il Wwf invita a riflettere sugli effetti del cambiamento climatico attraverso l'evento L'ora della Terra. Il primo cittadino scaligero aveva imposto l'utilizzo di oggetti «in materiale biodegradabile o compostabile» agli esercenti del settore alimentare e della ristorazione, così come agli organizzatori di eventi, manifestazioni, sagre e degustazioni su suolo pubblico. Per i trasgressori erano state fissate sanzioni da 25 a 500 euro. «Il cambiamento delle abitudini è soprattutto un fattore culturale ed è fondamentale che aderisca il maggior numero di persone perché sia davvero efficace», aveva sottolineato lo stesso Sboarina.


IL RICORSO

Contro quell'atto avevano però presentato ricorso la Federazione Gomma Plastica di Confindustria e l'azienda veronese Isap Packaging. In particolare era stato lamentato il contrasto con l'articolo della Finanziaria 2019, «che prevede la possibilità di continuare a produrre e utilizzare piatti, posate e bicchieri in plastica fino al 2023, nel rispetto di determinate condizioni», nonché con gli indirizzi europei in materia, «che contemplano un approccio graduale e coinvolgente l'industria stessa della plastica, evidenziato dalla comunicazione della Commissione Europea al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni Strategia Europea per la plastica nell'economia circolare».


LE MOTIVAZIONI

Questa tesi è stata accolta dal Tribunale amministrativo regionale, ribadendo nel merito quanto già affermato in sede di sospensiva: «Con il provvedimento impugnato il Comune ha esercitato un potere privo di adeguata base normativa, non sussistendo alcuna norma interna di fonte primaria, né alcuna disposizione europea direttamente applicabile, che legittimasse l'imposizione del divieto applicato». Nelle motivazioni della sentenza, viene riconosciuto che l'ente locale aveva voluto «contribuire alla riduzione dei rifiuti che inquinano l'ambiente», spiegando di porsi «in linea con le normative e le direttive comunitarie vigenti sulla riduzione dei rifiuti». Ma per i magistrati, il punto è proprio questo: «Alla data odierna, non consta essere stata adottata alcuna disposizione nazionale o regionale attuativa della disciplina comunitaria, genericamente richiamata, che il provvedimento si propone di eseguire». Al riguardo, il Tar fa presente che la Strategia europea per la plastica, adottata il 16 gennaio 2018 dalla Commissione Europea, punta a rendere riciclabili tutti gli imballaggi in plastica nell'Ue «entro l'anno 2030», mentre la plenaria del Parlamento europeo il 27 marzo 2019 ha approvato definitivamente il divieto di utilizzare oggetti in plastica monouso, come piatti posate, cannucce e bastoncini, ma «a partire dall'anno 2021». Verona e gli altri Comuni, dunque, ci sono arrivati troppo presto. Perciò i produttori di plastica dovranno pure essere risarciti delle spese di lite, pari a 2.000 euro.

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