Strasburgo. Il triste presagio di Antonio: «Se ​vogliono, possono colpire ovunque»

Giovedì 13 Dicembre 2018 di Angela Pederiva
Antonio Megalizzi
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VERONA - Le foto scattate a Mosca, Reggio Calabria, Marrakech: la curiosità, i viaggi, la leggerezza. Ma anche i commenti scritti dopo Bruxelles, Nizza, Mosul: il terrore, il sangue, la rabbia. Ripercorsa nella sua versione social, la vita di Antonio Megalizzi sembra correre su due binari paralleli: da un lato la spensieratezza dell'idealista che vuole conoscere il mondo, dall'altro la consapevolezza dello studioso e del giornalista che guarda a quel mondo con amaro disincanto.

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Come in quel post che, a rileggerlo adesso, risuona come un sinistro presagio: «Puoi installare metal detector dell'ultima generazione, fissare blocchi di cemento per chiudere le strade, controllare le chat di milioni di utenti, bloccare i siti pericolosi, monitorare il mercato nero delle armi, posizionare 5, 10, 1000 poliziotti ad  ogni angolo, ma se un uomo reputa giusto ammazzarsi per uccidere altre persone troverà sempre un modo per farlo».
I POSTNo, Cherif Chekatt non è un kamikaze: risulta in vita e in fuga. Ma il magrebino ha ucciso e ha ferito, questo sì, per cui Antonio ci aveva visto tristemente giusto il 15 luglio 2016, all'indomani della strage causata dal camion che aveva travolto la folla sulla Promenade des Anglais: nessuno è riuscito a bloccare l'autore dell'attentato di Strasburgo. «Perché è l'irrazionale a convincerlo. Lo stesso scriveva il giovane in quell'estate che ha fermato il progresso per anni e che è stato compagno d'affari delle istituzioni che tuttora lo difendono. Facciamoci tutte le p... che vogliamo ora, studiando strategie militari, nuovi piani per l'immigrazione, aeroporti più sicuri, lotta per la democrazia e forum per la pace. Millenni di buio non spariranno certo con la banale retorica politica alla quale stiamo assistendo». Tristezza ma anche ironia, come dopo il triplice attacco fra l'aeroporto di Zaventem e la metropolitana di Maelbeek, per stigmatizzare un intervento ritenuto fuori luogo (quello della cantante che aveva dichiarato: «Questo è il risultato dell'andare per il mondo a destituire presidenti, a metterci in condizioni di farci odiare»). «Questa cosa di chiedere a Fiorella Mannoia consigli di natura geopolitica dopo guerre e attentati aveva sottolineato Megalizzi il 24 marzo 2016 un po' mi preoccupa. È come se la Francia avesse chiesto a David Guetta come sconfiggere l'Isis dopo Parigi». Fino al sarcasmo del 7 settembre 2016, nei giorni in cui circolava la notizia di un presunto e paradossale diktat imposto dallo Stato Islamico, per scongiurare altri eccidi nell'allora sua capitale irachena: «L'Isis vieta il burqa per motivi di sicurezza. E niente, fa già ridere così», pungeva il ragazzo su Facebook. Proprio là dove, una settimana più tardi, il cronista di Europhonica si fotografava al Parlamento di Strasburgo con il vessillo dell'Ue parzialmente calato sulla faccia e l'autoironica didascalia «Euroburkini», incassando la contro-ironia di un amico: «Lo sapevo... L'ho sempre saputo... terrorista...».
LE IMMAGININella galleria estesa anche a Instagram, scorrono le immagini del lavoro, della radio, delle vacanze, delle passioni.

L'ultimo scatto risale a sabato scorso, al gazebo allestito a Trento dall'associazione TrentinoEuropa, a sostegno della causa europeista. Un selfie davanti alla bandiera blu stellata e una sfilza di hashtag comunitari, fra cui una netta dichiarazione di identità europea: «#iameuropean», io sono europeo. Orgoglio e appartenenza, prima dell'orrore.

Ultimo aggiornamento: 11:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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