Prima esplorazione della Grotta di Veja, scoperte oltre 200 tracce umane oltre a resti di orsi e lupi di 12.000 anni fa

Mercoledì 9 Novembre 2022 di Redazione Web
Gli scavi

VERONA - La prima esplorazione delle profondità della Grotta di Veja (Verona) ha portato alla luce più di 200 resti di orso, lupo e tasso oltre a tracce di frequentazione umana negli ultimi 10-12mila anni. La grotta si trova a Nord di Verona, nel Parco della Lessinia. È una cavità carsica che ha avuto origine in un periodo più recente di 38 milioni di anni fa per l’azione di acque ipogee.

Finora studiata parzialmente, è in grado di raccontare molto dei millenni di convivenza tra uomo e fauna e dell’ambiente dell’area prima, durante e dopo l’ultimo evento glaciale.

Le attività di ricerca, riavviate nel 2021 grazie all’Università Ca’ Foscari Venezia, sono entrate nel vivo con una campagna appena conclusa che ha coinvolto 8 operatori che si sono alternati durante due settimane per scavo, documentazione e vaglio del materiale. «Ci siamo addentrati nel fondogrotta in un’area mai indagata prima - racconta Elena Ghezzo, ricercatrice “Marie Curie” a Ca’ Foscari (progetto REFIND) e responsabile dello scavo - avevamo un doppio fine: recuperare e documentare il record fossilifero e stratigrafico messo in luce da scavi abusivi, e creare un momento di didattica intensiva rivolto agli studenti universitari che hanno partecipato alle operazioni di scavo». L’area di scavo si trova nella porzione più interna alla grotta, alla fine del ramo principale, ad una profondità lineare di circa 180 metri dall’ingresso. Il condotto è completamente buio e frequentato oggi solo da pipistrelli del genere Miniopterus e Myotis, e coleotteri caratidi. 

«Abbiamo verificato tracce di frequentazione umana negli ultimi 10-12 mila anni - spiega la paleontologa - Inoltre, in solo 2 metri cubi circa di materiale asportato, sono stati recuperati più di 200 resti fossili di orso, lupo e tasso, ed alcuni reperti minori sono ancora in via di determinazione». I prossimi passi includeranno ulteriori radiodatazioni dei reperti provenienti dagli strati profondi, probabilmente risalenti a prima dell’ultima glaciazione (oltre 20 mila anni fa), e lo studio molecolare di alcuni materiali, oltre ad analisi chimiche rivolte a capire i processi di accumulo e alla caratterizzazione del sedimento. Il materiale fossile, infatti, presenta una conservazione peculiare strettamente legata al contesto di fondogrotta, che ha favorito la conservazione dello smalto dentario (lo strato esterno dei denti) e dei carboni, a scapito delle ossa. 

«Lavorare in una zona così profonda ha comportato un enorme sforzo per garantire la sicurezza e il coordinamento di tutte le persone coinvolte - aggiunge Elena Ghezzo - È stata essenziale la pianificazione pre-scavo e il contributo in posto degli speleologi, mentre il gruppo di ricerca ha lavorato garantendo il minimo disturbo alla fauna ipogea e il massimo rendimento nella raccolta dati. Ad esempio, è stata realizzata una linea telefonica attiva in continuo tra interno ed esterno grotta e sono state utilizzate solo lampade a batteria per evitare di usare generatori elettrici che avrebbero disturbato la fauna e il flusso turistico all’interno del parco. Inoltre, il vaglio preliminare del materiale di scavo è stato effettuato in loco, sfruttando il torrente che scorre al di sotto del ponte di Veja»

Ultimo aggiornamento: 13:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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