Prosek e Prosecco, l'Italia fa muro: «Immonda vergogna»

Lunedì 18 Ottobre 2021 di Alda Vanzan
Prosek, l'Italia fa muro: «Immonda vergogna»
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VERONA - Non è facile rinunciare a un ricavo di 80 euro a biglietto a persona, eppure fino a due anni e mezzo fa era così: una marea di gente che spendeva l'iradiddio per entrare nei 12 padiglioni della Fiera di Verona dopo aver fatto la coda dal casello autostradale al parcheggio e dal parcheggio al botteghino e poi, dentro agli stand, a sgomitare per assaporare l'ultima bollicina nata o il grande nome che di anno in anno accresceva fama e bontà. Era il Vinitaly dell'epoca pre-Covid, quando neanche si conosceva l'esistenza dell'untuoso gel disinfettante per le mani e nessuno si preoccupava se il vicino alitava a distanze oggi proibitive.

Era il Vinitaly ed era una festa, con Verona e il Veneto che per mezza settimana diventavano la capitale del mondo nel nome di Bacco ed era una calata ininterrotta di autorità e di foto e di selfie. Eppure, il Vinitaly Special Edition inaugurato ieri nel capoluogo scaligero, pur nelle dimensioni ridotte - appena 3 padiglioni aperti su 12 - e nell'assenza di pubblico - ma scommettiamo che è meglio per gli operatori del settore avere a che fare solo con chi degusta per comprare e non solo per assaporare? - ha rappresentato il duplice segno della ripresa e della lotta. Della ripresa, perché dopo un anno e mezzo di pandemia, e ancora nel pieno dell'emergenza sanitaria dettata dal coronavirus, una manifestazione in presenza - pur con i numeri contingentati, pur con i soli addetti del settore, pur senza pubblico - è un simbolo della rinascita. E della lotta perché il virus non ha bloccato la concorrenza ed è così che, senza etichette di appartenenza politica, da Verona parte la difesa bipartisan delle italiche bollicine e degli italici vitigni: parola del ministro pentastellato Stefano Patuanelli, parola del governatore veneto leghista Luca Zaia, il croato Prosek non passerà.


L'ATTACCO

Due anni fa, all'ultimo Vinitaly, la locuzione italian sounding era pressoché sconosciuta. Ieri è stata gettonatissima. Il significato? Usare parole, immagini, marchi e riferimenti all'Italia per promuovere e commercializzare prodotti che in realtà non sono Made in Italy. Come il Prosek. Ossia il vino croato (peraltro simile a un passito) che ha chiesto all'Europa la registrazione della menzione tradizionale. L'Italia si è opposta e ieri, a Verona, è partito il fuoco di fila. A partire dal governatore Zaia che ha annunciato di aver scoperto «carte» che smonterebbero la richiesta croata: «La nostra pistola è fumante, abbiamo la documentazione che attesta che quel nome - Prosek - non è croato».


LO STOP

Il ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli non è stato meno tenero: «Non possiamo accettare e ci batteremo con tutte le nostre forze contro i tentativi di istituzionalizzare l'italian sounding con prosecchi e autorizzazioni di marchi e menzioni, come il Prosek. Faremo un'opposizione ferma e siamo convinti di avere le nostre carte da giocare sui tavoli europei». E ancora: «Non possiamo accettare che le nostre Dop, le nostre Igp, le nostre eccellenze vengano messe in discussione in alcun modo. Quello dell'omologazione dell'agricoltura e delle produzioni è un percorso che non accettiamo». «In generale - ha precisato il ministro - noi chiediamo all'Europa di rafforzare con i nuovi regolamenti la protezione Dop e Igp e gli strumenti per migliorare la promozione dei nostri prodotti. È molto importante che nella nuova Pac si sia confermato il valore dell'Ocm vitivinicola. Quindi abbiamo 320 milioni all'anno per sostegno il settore». Il governatore del Veneto ha rincarato: «Il Prosek è una immonda vergogna, è scandaloso che l'Europa dia ascolto a questo dossier. Il prosecco vive di una riserva del nome dal 2009 e solo le zone a denominazione sono autorizzate ad usarlo. Ed è ancora più scandaloso perché nel 2019 l'Unesco ha dichiarato patrimonio dell'umanità le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, quindi una ulteriore riserva per quel nome. Questo dossier dev'essere cestinato dall'Europa».


I DATI

A Verona ieri era presente anche l'ex ministro Pier Carlo Padoan, presidente di UniCredit: «Quello vitivinicolo - ha detto - è uno dei comparti che sta trainando la ripresa del Made in Italy sui mercati mondiali, grazie ad un riposizionamento in linea con le caratteristiche della domanda estera e all'eccellente qualità dei prodotti». Ma - ha ammonito - contro la contraffazione serve anche l'azione dei consumatori: «Tocca a loro saper scegliere».
 

Ultimo aggiornamento: 11:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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