Ndrangheta in Veneto. I clan all'ombra dell'Arena Così parlavano in codice: i «metri» significano «euro»

Giovedì 20 Ottobre 2022 di Nicola Munaro
Ndrangheta in Veneto. I clan all'ombra dell'Arena Così parlavano in codice: i «metri» significano «euro»
1

Senti «metri», traduci «euro». Come in ogni affare illecito che si rispetti, anche nel tourbillon di false fatture pagate dalla Fondazione Arena di Verona e i cui proventi sarebbero finiti nelle casse di aziende riconducibili ad esponenti della ndrangheta, tra Veneto ed Emilia Romagna, affiliati alle cosche calabresi Grande Aracri e Arena-Nicoscia, c'erano le parole in codice.

Le intercettazioni

Durante una telefonata con l'imprenditore veronese Giorgio Chiavegato - 63 anni, amministratore della Eurocompany Group, ora in carcere proprio per le false fatture - due suoi dipendenti vengono intercettati mentre parlano di metri: «Quella di febbraio sarà simile, forse ci saranno 3/400 metri di differenza, non di più...fa conto una celletta, ecco trecento metri quadri in meno, probabilmente...però sto aspettando che mi dia la conferma che gli vanno bene i 300 metri». Qualcosa però non torna, ed è una questione linguistica, come sottolinea l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari di Venezia, Alberto Scaramuzza. Il fatto che a un certo punto «si dica quella usando il femminile - scrive il gip - e riferendosi a quella di febbraio che sarà simile, tradisce il fatto che in realtà non stanno parlando di metri quadri (altrimenti avrebbero usato il maschile plurale quelli) ma stanno parlando di una fattura, che dovrà essere messa ovviamente a marzo» e che quindi dovrà assomigliare alla precedente di febbraio, con un lieve spostamento in avanti di «3/400 metri», cioè euro. La conferma, sottolinea ancora il giudice veneziano, è nella telefonata successiva in cui si chiede, invece, di abbassare la metratura: «2/300 euro che devono essere tirati via». «Tale riferimento ai metri come importi di denaro e non come metri quadri di magazzino è poi riscontrato da ulteriori intercettazioni, cui è seguito un sopralluogo di polizia giudiziaria», dice il gip Scaramuzza nel chiudere la sua analisi.


Gli interrogatori


Oggi intanto ci saranno gli interrogatori di garanzia dei tre arrestati di martedì: oltre a Chiavegato verranno sentiti i calabresi Francesco e Pasquale Riillo, rispettivamente 52 e 56 anni, di Isola di Capo Rizzuto (entrambi già detenuti per un'altra vicenda di ndrangheta), arrestati nel blitz congiunto della Direzione investigativa antimafia e del Nucleo di polizia economico-finanzia di Verona, coordinati dalla procura Antimafia di Venezia.

La procura aveva chiesto 19 arresti (tra carcere e domiciliari), ma per 15 di loro il gip ha rigettato l'istanza e dunque le indagini proseguiranno a piede libero. Questo mentre a Pier Domenico Sighele, 75 anni di Rovereto, uno dei principali collaboratori di Chiavegato, è stato imposto l'obbligo di dimora nel comune di residenza. Il pm Giovanni Zorzi contesta l'emissione e l'utilizzo di false fatturazioni, riciclaggio e autoriciclaggio, aggravati dall'aver utilizzato metodi mafiosi per agevolare l'attività della ndrangheta.

Eurocompany Group di Chiavegato 


Sotto la lente d'ingrandimento della procura è finito un consolidato sistema di sovrafatturazione messo in atto dalla Eurocompany Group di Chiavegato riguardo a ponteggi e altri servizi offerti alla Fondazione Arena di Verona, gestore dell'ente lirico scaligero. La Fondazione, quindi, avrebbe pagato somme di molto superiori a quanto dovuto a Chiavegato (nell'ordinanza si parla di 150-200 mila euro in più al mese) grazie alla «compiacenza di alcuni soggetti interni alla Fondazione», per individuare i quali è in corso uno stralcio dell'inchiesta penale. Di Chiavegato il gip evidenzia la «centralità e apicalità del suo ruolo nel sodalizio costituito con i suoi principali collaboratori, nonché con soggetti contigui o intranei all'organizzazione mafiosa».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci