Listeria, wurstel contaminati di azienda veronese ritirati dal mercato. Ecco i sintomi a cui fare attenzione

Il Ministero della Salute: importante cucinare sempre questo tipo di alimenti

Mercoledì 28 Settembre 2022 di Redazione Web
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VERONA - Preoccupazione per l’aumento di casi di listeriosi alimentare in Italia. Il focolaio è partito da una azienda veronese (sede in città in via Valpantena) che produce wurstel di carne avicola commercializzata con differenti marchi.

Tutte le confezioni sono state individuate e ritirate dal mercato. L’allarme è stato rilanciato anche sulla piattaforma dell’Unione europea.

Agricola Tre Valli ha avviato «da diversi giorni una procedura volontaria di ritiro di alcuni lotti di wurstel di propria produzione di concerto con le autorità». È quando rende noto la ditta, che fa parte del gruppo Veronesi, in relazione ad alcuni dei casi clinici e alla presenza del batterio listeria rilevato in una confezione di wϋrstel di pollo. Si tratta, si sottolinea, di una decisione presa «esclusivamente a titolo precauzionale, in quanto l'erronea conservazione del prodotto e il mancato rispetto delle indicazioni di cottura riportate in etichetta potrebbero rendere l'alimento non idoneo al consumo sotto l'aspetto microbiologico».

Agricola Tre Valli fa presente che «considerata anche l'estate di caldo straordinario appena trascorsa» esiste la possibilità «che i prodotti in questione, una volta acquistati, possano essere stati trasportati, conservati impropriamente e poi consumati non seguendo le indicazioni riportate in etichetta».

Il ritiro, precisa il comunicato diffuso nel sito dell'azienda, riguarda esclusivamente quanto prodotto e rimasto in commercio dopo l'estate, identificabile con il bollo CE IT 04 M e data di scadenza fino al 5 dicembre 2022 compreso. Peraltro si osserva che allo stato attuale, tutte le analisi in autocontrollo effettuate dall'azienda sui medesimi lotti oggetto del ritiro e i campioni ufficiali effettuati sul territorio dalle autorità competenti danno un esito microbiologico assolutamente in linea e conforme con le indicazioni normative vigenti».

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SCENARIO
 

La listeria è rara. In linea di massima, la contaminazione riguarda soprattutto i prodotti alimentari “ready to eat”, che mangi senza cucinare. Nhs (il servizio sanitario del Regno Unito) indica come alimenti in cui è possibile la diffusione del batterio: «Affettati e salumi cotti; pesce affumicato e crostacei cotti; formaggi a pasta molle; paté; panini e insalate pre-preparati; frutta già preparata; latte non pastorizzato; latticini a base di latte crudo». Sulle confezioni dei wurstel in effetti c’è scritto che vanno cucinati, ma nell’uso comune questo non avviene quasi mai. In generale il batterio «può essere presente nel suolo, nell’acqua e nella vegetazione e può contaminare diversi alimenti come, latte, verdura, formaggi molli, carni poco cotte, insaccati poco stagionati. La principale via di trasmissione per l’uomo è quella alimentare. Bambini e adulti sani possono essere occasionalmente infettati, ma raramente sviluppano una malattia grave a differenza di soggetti debilitati, immunodepressi e nelle donne in gravidanza in cui la malattia è più grave».

INDAGINI
I sintomi sono febbre a 38, forme influenzali o gastroenteriche, nella maggior parte dei casi si risolve tutto senza gravi problemi, ma nelle persone più deboli e nei soggetti più a rischio purtroppo possono esserci anche decessi. Come detto, la segnalazione del focolaio italiano è stata pubblicata sul Rasff, la rete europea di allerta alimentare. Quando sono stati registrati i primi casi, legati a quel determinato ceppo (Listeria ST 155), le ipotesi iniziali aveva fatto risalire l’origine della diffusione a un formaggio. Successivi approfondimenti hanno consentito di risalire allo stabilimento in cui si producevano questo tipo di wurstel. L’azienda è intervenuta e ha messo in sicurezza la produzione. Secondo l’Istituto superiore di sanità l’ultimo focolaio di listeriosi in Italia è stato trovato tra maggio 2015 e gennaio 2016 nella province di Pesaro e Urbino, Ancona e Macerata. In quel caso i decessi furono due. «Le indagini epidemiologiche e microbiologiche effettuate fino ad oggi, hanno rilevato come verosimile veicolo dell’infezione un prodotto a base di carne denominato “coppa di testa”».
 

Ultimo aggiornamento: 30 Novembre, 08:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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