Draghi in Veneto, la guerra spiegata ai bambini: «Chi attacca ha torto»

Sabato 21 Maggio 2022 di Angela Pederiva
Draghi in Veneto, la guerra spiegata ai bambini: «Chi attacca ha torto»

SOMMACAMPAGNA (VERONA) - La guerra spiegata ai bambini è una cosa semplice. C'è chi attacca, «e ha sempre torto»; e c'è chi viene attaccato, «quindi c'è una differenza». Dentro alla scuola Dante Alighieri di Sommacampagna, durante la sua prima visita in Veneto da premier, Mario Draghi parla della Russia a 300 alunni delle elementari e delle medie: «È come se vedessimo uno grosso-grosso dare schiaffi a uno piccolo-piccolo.

E noi che facciamo, l'istinto qual è? È quello di andare lì, dire di smetterla, aiutare il piccolino. Quello che è successo in Ucraina è che il piccolino è diventato sempre più grande e ora si ripara bene dagli schiaffi. Per due motivi. Prima di tutto perché è stato aiutato da tutti gli amici, in tantissimi modi. E poi perché combatte, si difende per un motivo: la libertà».


Draghi in visita in Veneto 


Più di un'informativa con la ceralacca al Parlamento, è un discorso a braccio in palestra a dare il senso della posizione tenuta dall'Italia in questa crisi internazionale. Partendo da una confidenza ai 20 ragazzi della seconda D, che nelle loro lettere a Draghi gli avevano chiesto anche dei suoi rapporti con Vladimir Putin, prima del fatale 24 febbraio. «Ho parlato con Putin fino all'ultimo rivela il presidente del Consiglio e ci siamo dati appuntamento per risentirci. Ma lui ha lanciato l'invasione. È un dramma terribile, un errore spaventoso fatto da Putin. Lo sapevo, ne ero sicuro, ma non ci volevo credere. Non si portano 200.000 truppe in assetto di guerra sul confine di un Paese se non per attaccare». Così infatti è stato. E da allora infuria il dibattito sull'invio delle armi. «Noi italiani viviamo questa guerra, per fortuna, di riflesso, da lontano. Ci chiediamo e mi chiedo dice Draghi cos'è che si può fare, oltre ad aiutare quello che era un piccolino e ora è grosso. Quello che si può e si deve fare è cercare la pace, cercare di fare in modo che i due smettano di sparare e comincino a parlare. Questo è quello che noi italiani, e io, dobbiamo cercare di fare».

Ma non è facile, ammette il capo del Governo, di fronte a un muro: «L'ultima volta che ho parlato con il presidente Putin, ho cominciato la telefonata dicendo: La chiamo perché voglio parlare di pace. Lui mi ha detto: Non è il momento. Allora io: La chiamo perché vorrei che ci fosse un cessate il fuoco. E lui: Non è il momento. Ancora io: La chiamo perché forse molti di questi problemi li potete risolvere solo voi due, Putin e Zelensky, perché non vi parlate?. E lui: Non è il momento. Invece ho avuto più fortuna l'altra settimana quando sono andato a Washington. Parlando con il presidente Joe Biden, gli ho detto che forse è solo da lui che Putin vuole sentire una parola. E quindi gli ho detto di telefonare a Putin. Devo dire che il suggerimento ha avuto più fortuna, perché il giorno dopo i ministri della Difesa russo e americano si sono sentiti».

È già qualcosa. Lo è ancora di più l'accoglienza dei profughi: «Avevamo già una comunità ucraina molto grande in Italia, la più grande in Europa, di circa 230.000 persone. Ora sono arrivati con la guerra quasi 120.000 rifugiati. Gran parte di loro sono donne e bambini. E ci sono molti minori non accompagnati, cioè soli. Di fronte a questa ondata di persone che scappano dalle bombe, l'Italia e le famiglie italiane sono state straordinarie. Hanno aperto le porte delle loro case e, altra cosa straordinaria, i bambini e i ragazzi sono tutti a scuola. Le scuole italiane sono un capolavoro di amore e di efficienza». Non solo: «È stata data l'assistenza sanitaria immediatamente, l'assistenza finanziaria con un po' di soldi. Questo Paese è stato straordinario per l'amore che ha mostrato. Questo è il modo in cui noi italiani partecipiamo a questa guerra: da lontano, aiutando gli amici, ma aiutando anche i piccoli amici che arrivano. Questo è stato un esempio di cui noi dobbiamo essere orgogliosi».

L'ultimo spunto per la lezione di Draghi arriva da una delle lettere veronesi recapitate a Palazzo Chigi. «C'è una frase molto giusta che dice: Non dobbiamo vedere i russi solo come cittadini russi, ma anche come cittadini del mondo. La leggo in questo modo: i cittadini russi non sono colpevoli per quel che fa il loro governo. I cittadini russi quindi dobbiamo e dovremo, quando la guerra sarà finita e le condizioni ce lo permetteranno, considerarli non come nemici. Perché non sono loro i nemici: questo è importante ricordarselo. Significa cercare la pace».

Ultimo aggiornamento: 14:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci