Zona rossa, la rabbia del prefetto: «Economia distrutta, si doveva evitarla»

Sabato 13 Marzo 2021 di Costanza Francesconi e Davide Tamiello
Vittorio Zappalorto, Prefetto di Venezia
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VENEZIA «Questa volta sarà molto più dura. Chiuderanno tante attività e perderemo molti posti di lavoro. Sono molto preoccupato per la tenuta economica e sociale a questo nuovo lockdown». Il prefetto Vittorio Zappalorto non ci gira attorno: la zona rossa è destinata a portare conseguenze disastrose.

A Venezia, poi, c'è da tenere conto di un altro fattore: qui, infatti, si è ben distanti dai parametri necessari per la chiusura totale. L'incidenza, infatti, in laguna è ai livelli di ottobre: 160 casi per centomila abitanti, quando invece la zona rossa dovrebbe scattare a 250/centomila. «Purtroppo l'andamento regionale in questo non ci fa gioco - commenta amareggiato il prefetto - sono arrabbiato perché questa potevamo risparmiarcela». Zappalorto è convinto che il mancato rispetto delle prescrizioni anti contagio sia la ragione principale della situazione attuale. «Ce la siamo cercata, mi dispiace. In troppi non hanno voluto rispettare le restrizioni imposte e questo è il risultato. Questo doveva essere il momento in cui avremmo iniziato a alzarci e ripartire, e invece ci bloccheremo di nuovo». Il prefetto critica anche alcune decisioni politiche che a suo dire non avrebbero agevolato la lotta ai contagi. «L'apertura delle scuole, nonostante il 50 per cento di presenza, non è stata un'idea sana. Bisognava andare più cauti. Adesso ne pagheremo le conseguenze: ristoranti, alberghi, palestre, le attività economiche che finora sono rimaste a galla finiranno per soccombere». E la possibilità che, oggi, a quasi un anno di distanza dal primo lockdown, qualcuno decida di alzare la voce non è più poi così remota. «Bisogna fare attenzione, gli effetti delle chiusure influiscono pesantemente anche sulla psiche delle persone, l'abbiamo già visto - prosegue il prefetto - ma non temo problemi di ordine pubblico, non di più di quanto ce ne siano già stati. Arriveranno molte richieste, certo su cosa si potrà fare e come». Per ogni dubbio, si aspetta il nuovo Dpcm. «Vedremo se ci saranno i codici Ateco, se indicheranno chi potrà lavorare e come. Questo sarà un aspetto fondamentale di cui si dovrà per forza tener conto».

LE VOCI E la notizia, in effetti, tra le categorie è arrivata come una bomba. La zona rossa permetterà l'apertura al pubblico solo ad alcune attività commerciali di servizi essenziali. Chiuderanno invece senza esclusione di colpi tutte le attività di ristorazione e bar. A Venezia però, dove la carenza di popolazione residente è un dettaglio non da poco, nemmeno la possibilità di vendere per asporto o consegnare a domicilio è una reale consolazione. «Chi lo fa, agisce per spirito di resistenza più che per un effettivo guadagno nota con franchezza Ernesto Pancin, direttore in città dell'Associazione esercenti pubblici esercizi E proprio questo aspetto psicologico non dobbiamo perderlo di vista. Dopo un'esperienza di trent'anni in questo ambito, provenendo da una famiglia di esercenti, mi accorgo di come ai nostri imprenditori manchi ormai l'ossigeno del domani, ammazzato insieme alla possibilità di programmare il lavoro da questi cambi repentini e peggiorativi. Non resta che andarci con i piedi di piombo aggiunge Pancin rifornire con prudenza le derrate alimentari sperando di attutire meglio i colpi. Intanto però, ascoltare un associato di quasi sessant'anni che con le lacrime agli occhi capisce di dover chiudere per sempre dopo una vita da onesto lavoratore è dura».

«INCERTEZZA DEVASTANTE» La sensazione nel mondo della ristorazione è di un annaspare continuo. «Dopo cento giorni di chiusura serale, trascorsi ad aspettare tempi migliori, queste due settimane in rosso seguite da altrettanta incertezza devastano racconta Giacomo Zammattio, socio titolare del ristorante Muro Frari e San Stae tolta la piccola goccia del pranzo che già ci aiutava relativamente, ora resta solo il delivery per cui i turni in sala salteranno e rimarrò da solo in uno dei due punti con il cuoco e il pizzaiolo. Altra questione preoccupante è che però la residenzialità di Venezia garantisce un fatturato di circa il 10% con questo tipo di servizio, nonostante l'organizzazione delle consegne con Cocai express sia una felice e indispensabile collaborazione che va avanti da quasi un anno». A mancare, sottolinea Giacomo, è l'abitudine dei locali, «anche dei più affezionati, ad affidarsi a un'applicazione per ricevere il cibo a casa. Si inceppa ancora una volta la possibilità di uscire dalla cassa integrazione mentre dal governo non arrivano certezze di alcun tipo riguardo a ristori e sostegni. Non rimane altro che domandare aiuti alla banca». Adattabilità e pazienza diventano qualità indispensabili. «Fatalità avevamo riaperto venerdì scorso per richiudere dopo due giorni col passaggio all'arancio confessa Andrea Colauzzi, titolare di Ai Nevodi insieme a Matteo - Avremmo due locali in via Garibaldi, ma a salvarci è Nevodipizzalab. Provando a riconvertire il ristorante per l'asporto abbiamo capito che la cucina ha una possibilità di sopravvivenza minima vista la quantità di residenti. E sì che siamo a Castello, zona anche felice da questo punto di vista rispetto a San Marco, ma non abbastanza». 

Ultimo aggiornamento: 09:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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