Il missionario e gli incontri in cella con Zennaro: «Marco è finito nelle grinfie della mafia»

Giovedì 17 Giugno 2021 di Davide Tamiello
Padre Norberto Stonfer

VENEZIA -  «Quando l'ho visto per la prima volta ci hanno messo in uno sgabuzzino, sembrava la stanza delle scope. Mi ha guardato negli occhi e mi ha detto: Padre, questi mi vogliono far fuori». Marco Zennaro, durante la sua lunga prigionia, ha avuto una ristretta lista di angeli custodi. Tra questi c'è sicuramente il papà Cristiano, ma non è l'unico. Padre Norberto Stonfer, missionario comboniano in Sudan da trent'anni, è stato un sostegno fondamentale. Ha incontrato Marco sia in commissariato a Bahri sia al carcere di Omdurman e ha cercato di stargli vicino. «Non ci conoscevamo prima, l'ho visitato perché faccio da sempre apostolato nelle prigioni - racconta - era ai primi di maggio. L'ho trovato in uno stato di grande prostrazione. Ci siamo seduti su un materasso che aveva comprato papà Cristiano e che aveva portato in quella stanza delle visite. Mi ha descritto il suo incubo, il suo terrore in quella cella con 30 detenuti con temperature pazzesche. Mi ha raccontato che la figlia doveva fare la comunione, gli dispiaceva non poterci essere ed è scoppiato in lacrime. Abbiamo pregato insieme: io gli ho detto che deve avere pazienza, qui purtroppo deve avere tanta pazienza». Padre Norberto sa quanto possa essere dura la vita in Sudan. In questi trent'anni ne ha passate parecchie: un assalto degli islamisti in chiesa, la demolizione di una chiesa. «Per questa seconda cosa ho affrontato una lunga causa, dura e complessa. Ma alla fine ho vinto». Sul caso di Marco, un'idea se l'è fatta. «Non si può generalizzare, quello sudanese è un grande popolo, ma esistono le mele marce. È come la mafia in Italia, è come se Marco fosse finito nelle grinfie di Provenzano.

In questa storia la matassa è molto ingarbugliata: mi pare che da una parte ci sia il ricatto estorsivo, vogliono ricavare più soldi possibile. Dall'altra c'è il problema della concorrenza: evidentemente, in questo momento, c'è una ditta che fa più comodo di quella di Zennaro».

LA VICENDA GIUDIZIARIA
Intanto, oggi, si terrà davanti al giudice l'udienza per il procedimento penale ancora pendente. È la seconda accusa che è stata presentata nei suoi confronti, da parte di una ditta di Dubai che lamenterebbe la mancata consegna della merce già pagata e che pretenderebbe un risarcimento di 900mila euro. Il 29 giugno, invece, dovrebbe tenersi l'udienza per il procedimento civile della vicenda principale, quella per cui è stato detenuto e che, peraltro, ha già visto l'archiviazione da parte del procuratore generale per quanto riguarda il processo penale. L'accusa, in questo caso, era arrivata da un componente delle milizie che sosteneva che i trasformatori procurati dalla ditta di Marco fossero difettati.
Intanto, il 46enne è stato trasferito in albergo dopo 74 giorni di prigionia in cella. L'altra sera, dopo due mesi e mezzo, ha potuto rivedere le figlie per la prima volta. «Torna a casa presto papà», la commovente richiesta delle piccole. Ed è la stessa di un'intera città.
 

Ultimo aggiornamento: 18 Giugno, 09:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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