Svolta in Sudan, Zennaro prosciolto per la seconda volta dall'accusa di frode

Mercoledì 7 Luglio 2021 di Nicola Munaro
Marco Zennaro
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VENEZIA - Un mese di rinvii e poi, all’improvviso, nel pomeriggio di ieri, martedì 6 luglio, la notizia. Secca, definitiva, che non lascia scampo (sì, c’è una possibilità di impugnarla ma i paletti per rovesciarne il contenuto sono strettissimi) e che regala a Marco Zennaro molto più di un semplice sospiro di sollievo. Perché quello messo a punto ieri è un passaggio fondamentale che avvicina in modo quasi decisivo il quarantaseienne imprenditore veneziano al ritorno a casa, tra le braccia della sua famiglia che non vede dal primo aprile, quando era stato arrestato a Kartoum, capitale del Sudan, con l’accusa di una frode nelle forniture di una partita di trasformatori.

Accusa che era diventata doppia nei mesi scorsi e che ieri è caduta per la seconda volta di fronte a un giudice sudanese.

LA SENTENZA
Con il dispositivo emesso ieri in tribunale, Zennaro è stato prosciolto dall’imputazione che gli era stata mossa da un’azienda di Dubai che lamentava di non aver ricevuto i trasformatori ordinati e già pagati. Con la sentenza il giudice respinge al mittente ogni accusa e, al contempo, lascia poco spazio alle ragioni della ditta di Dubai, che avrà ora sette giorni per fare appello prima che la sentenza passi in giudicato e sia archiviata un via definitiva. 
La stessa sorte era accaduta qualche settimana fa alla prima accusa, quella che ha scatenato tutto e che vede come unico accusatore un fedelissimo delle milizie ribelli sudanesi: secondo la sua tesi i trasformatori forniti da Zennaro - e arrivati a lui attraverso un mediatore - non erano funzionanti. Il giudice però ha dismesso la causa ritenendo che il miliziano non avesse voce in capitolo nell’affare e che quindi non potesse interferire nella trattativa da terzo incomodo.

IL VERSANTE CIVILE
Zennaro, scarcerato a metà giugno dopo due mesi tra uno stanzino a 50 gradi del commissariato di polizia di Kartoum e un carcere nazionale, è libero in hotel, dove vive assieme al padre: unico divieto, quello di lasciare il Sudan finché non saranno chiarite le sue posizioni. Detto che con la sentenza di ieri si sono estinte le cause penali, restano in piedi le due cause civili. Per il procedimento relativo alle accuse smontata ieri, la famiglia Zennaro ha già versato una cauzione di 800 mila euro. Una garanzia che permetterebbe all’imprenditore di tornare a casa e lasciare che il processo prosegua anche in sua assenza: i soldi sono lì, quindi i suoi avvocati potranno continuare a lavorare anche con l’imputato in contumacia. Per la prima causa, invece, c’è udienza civile domani: il miliziano stoppato in penale, vuole un risarcimento da 700mila euro per quei trasformatori, a suo dire, difettati. In questo caso, però, non sembrano esserci garanzie o cauzioni su questo fronte per trattare con le milizie è stato costituito un fronte comune tra la diplomazia sudanese e italiana.

LE REAZIONI
«Il fatto che Zennaro abbia avuto ragione in entrambi i procedimenti penali dice tutto sul suo comportamento», ha commentato l’avvocato Aldo Silanos, legale della famiglia. 
«Marco Zennaro deve rientrare subito a Venezia. Non ci sono più motivi perché resti detenuto in Sudan- commenta Nicola Pellicani, deputato del Pd - Gli acquirenti sudanesi, a cui è stata pagata una penale non dovuta, sono ancora in possesso della fornitura di trasformatori che ora, per effetto dell’aumento delle materie prima, vale il doppio. Adesso Marco - conclude - va liberato e deve tornare a Venezia. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio intervenga subito».
 

Ultimo aggiornamento: 17:16 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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