Venezia si riempie ma solo di pendolari. Albergatori e commercianti: «Gli affari? Male»

Sabato 12 Settembre 2020 di Tomaso Borzomì
CITTA’ PIENA Immagini di ieri, con il pienone a Venezia. Per la maggior parte però si tratta di turisti pendolari, gli hotel lamentano ancora stanze vuote e per gli operatori commerciali resta la crisi
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VENEZIA La gente c’è, e si vede. Venezia è tornata ad ospitare turismo, anche se, dalle analisi numeriche, è del tipo che non porta affari. Secondo le varie associazioni di categoria i dati sono da “bagno di sangue”, con il rischio che, se non ci sarà una svolta, le saracinesche chiuderanno. 

Eppure è sufficiente fare due passi in città per vedere che i tempi del Covid paiono andati, dai ponti si vedono persone scattare fotografie, i vaporetti sono abbastanza pieni e le calli sono tornate a vivere. Solo che chi arriva in città non fa affari, si sofferma sulle bellezze e poi la sera se ne va. Se nei litorali o altrove è da valutare, resta il fatto che il pendolarismo è tornato e con esso i relativi problemi. «Il tasso di occupazione medio degli hotel è al 50%. Un dato anomalo rispetto ad agosto, quando si era registrato il 60%, prevedo però un 45% a fine mese», commenta Claudio Scarpa, direttore dell’Ava (associazione degli albergatori). 
TARIFFE AL RIBASSO
A far storcere il naso a Scarpa è che nel pre covid agosto era media stagione, mentre settembre un periodo da 100%: «Oggi con 98 euro si dorme sul Canal Grande, è un indicatore del fatto che ci sia posto. A settembre oggi anziché salire, si scende, dobbiamo far i conti con una nuova storia perché il turismo di prossimità oggi sconta anche il fatto che le riprese delle scuole abbiano fatto rientrare tedeschi, austriaci e francesi. E in assenza dell’extraoceano cambia tutto».

Altri albergatori, indipendenti dall’associazione, fanno sapere di avere l’hotel pieno, ma a tariffe più basse. Una scelta di marketing che permette di operare, seppur garantendo un fatturato più basso, sul 60% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Più difficile è la situazione dell’ospitalità alternativa, come racconta la presidente di Abbav, Ondina Giacomin: «Non arriviamo al 30%, si vede che chi è in città sono solo giornalieri, da venerdì scorso il dato è crollato e il 90% delle strutture sono vuote, compresa Tessera. Se non viene fuori un vaccino o altro ci sarà uno “s-cioco (botto)” non da ridere». 

BARISTI E RISTORATORI
Momento complesso anche per baristi e ristoratori: «Non c’è ancora quella spinta che incoraggi ad aprire, non siamo in grado di capire cosa ci riserverà il futuro, oggi siamo a livello della sola sopravvivenza», afferma Ernesto Pancin, direttore dell’Aepe. «Molti ancora non hanno riaperto perché preferiscono attendere tempi migliori, il passato recente ha lasciato un solco non indifferente e questo ha portato a far sì che in molti abbiano poca fiducia nel lavoro». 

La concentrazione è soprattutto nei fine settimana, mentre dal lunedì al giovedì gli affari sembrano ridotti allo zero. La sentenza definitiva è data dagli incassi, come racconta Roberto Magliocco, presidente dell’Ascom, l’associazione dei negozianti: «È un turismo pendolare che non spende, alcune aziende registrano incassi da venti a cinquanta euro, cento quando va bene. Però gli affitti rimangono alti, non si trovano accordi al ribasso. Così se il Lido ha tenuto botta, in centro è diverso, anche perché le crociere non sono tornate. I problemi si vedono soprattutto nell’area Marciana». A confermarlo è il presidente dell’associazione piazza San Marco Claudio Vernier: «La situazione è piuttosto grave. Ci sono una decina di negozi che sono ancora chiusi. C’è stato un piccolo ritorno di persone durante gli eventi e con la mostra del cinema, ma per la maggior parte si tratta di escursionisti. In questo frangente, mai come prima, serve controllare, perché il rischio è che si infiltrino capitali strani, di dubbia provenienza, dai quali bisogna stare attenti».
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