VENEZIA - Prezzi proibitivi per il pesce locale, al punto che alcuni ristoratori preferiscono dire ai clienti che non si trovano i prodotti. Venezia continua a macinare turismo, ma i ristoranti che vogliono offrire pesce locale non ce la fanno. E così sia alla pescheria di Rialto, ma anche all'ingrosso del mercato ittico o a Chioggia i costi di cicale di mare, branzini, molluschi, rombi e crostacei schizzano. È la ricaduta economica (anche) della protesta dei pescatori.
DA IVO
Tra i punti di riferimento della gastronomia locale c'è Da Ivo, noto per avere tra i suoi fedelissimi George Clooney: «Bisogna prendere pesce estero, bene o male la crescita si attesta sul 25-30% perché aumentando i prezzi legati al trasporto, ci sono ripercussioni sull'acquisto anche all'ingrosso», commenta il titolare Giovanni Fracassi. Di conseguenza, bisogna capire come comportarsi, cioè se aumentare i listini, o aspettare che la buriana passi: «È dura, la scelta è se comprimere i guadagni o se alzare i prezzi dei menu, rischiando però di andare fuori mercato. Noi abbiamo scelto di restare sul mercato, si rinuncia a qualcosa, ma si cerca di andare avanti. Sono diventati rari tutti i prodotti locali, dai molluschi ai crostacei al branzino, ma pure rombo, sanpietro e cicale di mare. Bisogna cercare prodotti importati. I Paesi da cui arriva il pesce sono Francia, Spagna e Tunisia. Parlando con i fornitori del mercato ittico, diventano matti per trovare la merce, si fa tanta fatica».
La preoccupazione è che il livello di prezzi, assestatosi verso l'alto, sia oggetto di speculazioni e che quindi possa rimanere alto anche un domani, quando rientrerà l'emergenza: «Non siamo un Paese in cui le cose tornano alla normalità agevolmente.
IL COLOMBO
Analoga l'esperienza di Domenico Stanziani, titolare de Il Colombo. L'imprenditore si approvvigiona sia al mercato di Rialto che a Chioggia e ha notato che i prezzi sono saliti del doppio: «Mi hanno proposto le canoce (cicale di mare) a 25 euro al chilo. Le ho rifiutate, si pagavano 12-13 euro. Ma lo stesso incremento riguarda tutto quello che è il locale». Perciò difficile, se non impossibile, servire i piatti della tradizione locale: «Il nostrano è diventato difficile, con lo sciopero si pesca meno e non si trovano branzini, polipetti, gamberetti, capelonghe, sogliole». Stanziani però ha trovato un modo per ricorrere ad un'alternativa: «Dalla Croazia arrivano prodotti buoni come i branzini. Chiaro che i nostri fondali sono più bassi, più salati, quindi il pesce mangia meglio e diventa più saporito, ma da lì arrivano prodotti interessanti, che si difendono bene». Resta poi il nodo cliente: «A chi si siede da noi spieghiamo che non c'è reperibilità e che si trova poco, quel poco che c'è va via a prezzi esorbitanti e chi primo arriva meglio alloggia. Vediamo che i turisti che frequentano la città però capiscono e in tanti scelgono anche la carne, per cui non ci sono grossi problemi».
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