Colombi in piazza San Marco a Venezia, una presenza costante già nel 1700

Domenica 9 Ottobre 2022 di Alessandro Marzo Magno
Colombi in piazza San Marco a Venezia, una presenza costante già nel 1700

VENEZIA - L'immagine di piazza San Marco con i piccioni è una delle più iconiche della città di Venezia.

Ma è relativamente recente: la prima rappresentazione evidente di questi volatili sembra essere quella dipinta nella seconda metà del Settecento da Gabriel Bella. Il quadro Il lotto pubblico in piazza San Marco, conservato nella pinacoteca Querini Stampalia, è datato tra il 1779 e il 1792. Attorno al campanile si vedono volare alcuni uccelli. Il pittore li ha soltanto abbozzati, quindi non sono identificabili; ma «dal colore scuro e dal volo spesso accoppiato posso ipotizzare che l'artista volesse rappresentare dei piccioni», sottolinea Mauro Bon, responsabile ricerca e divulgazione scientifica del Museo di Storia naturale di Venezia. In effetti nelle vedute precedenti della piazza, prime fra tutte quelle di Canaletto e Guardi, i colombi non vengono mai raffigurati e nemmeno nelle numerose piante della città, dove sono effigiati parecchi diversi animali, sia reali sia fantastici, si scorgono questi volatili. Non si sa con esattezza né quando né come i piccioni siano giunti in piazza San Marco. L'ipotesi più accreditata è quella che ci mostra un altro quadro di Gabriel Bella, pure questo esposto nella pinacoteca Querini Stampalia, dipinto nello stesso attorno agli anni del primo, e intitolato La funzione della domenica delle Palme. La cerimonia che si teneva anno dopo anno prevedeva una solenne processione che da palazzo Ducale andava nella chiesa di San Marco, dove venivano distribuite le palme benedette confezionate dalle monache di Sant'Andrea de la Zirada per il doge e le più alte magistrature della repubblica.


Origini delle feste veneziane


Scrive Giustina Renier Michiel nel suo Origini delle feste veneziane: «La palma del doge, fatta a piramide triangolare, distinguevasi sopra tutte per ricchezza e per eleganza. Il manico ch'era tutto dorato, portava lo stemma del doge maestrevolmente dipinto, le foglie erano tutte d'oro, d'argento e di seta, accomodate con somma industria e intrecciate con grazia». Finita la messa, i sacrestani dall'alto delle logge liberavano numerose coppie di colombi alle cui zampette erano stati legati cartocci che impedivano agli uccelli di volare lontano. I popolani che sempre accorrevano numerosi, catturavano quanti più piccioni potevano e li mettevano in pentola il giorno di Pasqua. Doge e patriarca assistevano, dice ancora Giustina Renier Michel, a «questa piacevole caccia che non finiva sì presto, attesi gli sforzi che gli uccelli facevano per isfuggire alle mani di chi li perseguitava, e dai gridi di una moltitudine ebbra di gioia, la quale nell'atto che bramava ghermirseli, applaudiva tuttavia al buon destino di que' voltatili, qualora a essi riusciva di non essere acciuffati».

Palazzo Ducale rifugio per gli uccelli


I pennuti che l'avevano fatta franca si rifugiavano nei sottotetti di palazzo Ducale e della chiesa marciana, qualcuno anche «ebbe rifugio sotto a piombi del coperto ducale, quasi avessero voluto coi loro teneri lamenti ricreare e distrarre gl'infelici abitatori di quelle carceri». Anno dopo anno la colonia cresceva sia per l'apporto di nuovi fuggitivi, sia per i pulcini nati dai vecchi fuggitivi che, ovviamente, non presentavano più le zampette affardellate dai cartocci. «Anche il governo», annota Renier Michiel, «volle concorrere col popolo per il buon essere di questi ospiti e ordinò che fossero loro apprestate alcune comode e ben disposte cellette e inoltre volle che un delegato dell'amministrazione de' pubblici granai facesse disperdere ogni mattina una certa quantità di grano per la piazza maggiore e per l'altra davanti al palazzo Ducale. Il costume di somministrare il vitto a tutti i discendenti de' primi fuggiaschi, che non abbandonarono più il nido avito stette sempre il vigore».


Piccioni in piazza San Marco a Venezia


Sempre fino alla caduta della repubblica, il 12 maggio 1797, quando il rituale della distribuzione del grano pubblico finì. I poveri volatili a questo punto sono affidati alla benevolenza dei privati cittadini che li nutrono come possono, fino a quando, un settantennio più tardi, la contessa Caterina Polcastro Querini, sorella di Giovanni Querini Stampalia, ovvero colui che istituì la Fondazione, si prende cura del nutrimento dei piccioni della piazza. A questo proposito, Pieralvise Zorzi segnala lo scritto di un giornalista spagnolo, Pedro Antonio de Alarcón che visita Venezia nel 1860, sei anni prima della fine della dominazione austriaca. «Lo stesso primo rintocco delle due che aveva disperso i veneziani, lasciando soli quindici o venti stranieri, ci apparve anche come uno scongiuro che attrasse sopra le nostre teste più di mille colombi che, dopo aver assordato l'aria per un momento col fruscio delle loro ali, scesero a terra e si radunarono nell'angolo nordest della piazza, coprendo materialmente un buon tratto di suolo. Quando furono tutti riuniti in un fitto gruppo, si aprì sopra di loro un balcone, il quattordicesimo al secondo piano di una delle case in cui oggi è suddiviso il vasto palazzo delle Procuratie vecchie, e vi apparve un domestico con in mano un vassoio. I colombi fremettero di giubilo. Il vassoio era pieno di frumento! Il domestico lo sparse a piene mani sugli impazienti volatili, scosse il vassoio e scomparve, chiudendo la finestra con la maggio indifferenza di questo mondo». Era il servitore della contessa Polcastro Querini, la nobildonna stabilì che anche gli eredi avrebbero dovuto continuare a nutrire i colombi della piazza.

Colombi domestici


Mauro Bon prova a tratteggiare le caratteristiche dei piccioni veneziani: «Il colombo domestico è il risultato di secolari ibridazioni tra il progenitore selvatico e altre forme selezionate di colombi da piccionaia. Un articolo scritto nel 1902 dal naturalista Emilio Ninni, ipotizza che il ceppo selvatico potesse avere un'antica origine dalmata. A fine Ottocento, si tenevano gare di tiro al piccione al Lido e anche in questi casi gli esemplari fuggiti si mischiavano con gli esemplari cittadini. Il piumaggio è oggi molto variabile rispetto al progenitore, con diverse macchie bianche aggiuntive e forme miste dovute a vari miscugli con altri esemplari. Mediamente, la taglia del piccione di città è maggiore di quello selvatico, così come il suo peso. Il numero dei piccioni a Venezia è oggi sconosciuto, in quanto mancano censimenti esaustivi e recenti. La difficoltà nel contrastarli è dovuta a due fattori. Abbondanza di cibo (soprattutto rifiuti dei turisti e foraggiamento da parte di simpatizzanti) nonché abbondanza di siti per nidificare: Venezia è una città eccezionalmente ospitale, perché nicchie e anfratti degli edifici antichi sono analoghi ai siti riproduttivi di ambiente roccioso in cui la specie selvatica si riproduce».

Ultimo aggiornamento: 10 Ottobre, 10:19 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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