Bar e ristoranti, incassi dimezzati: a rischio 20mila posto di lavoro

Mercoledì 5 Agosto 2020 di Tomaso Borzomì
Un ristorante semideserto a Venezia
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VENEZIA Il rischio concreto è che il banco(ne) salti davvero perché, se le cose non prenderanno una piega diversa, i lavoratori di ristoranti e bar dovranno cambiare mestiere. L’affermazione, poi ritrattata, del viceministro Cinquestelle all’economia Laura Castelli, non era stata accolto di buon grado da chi si spende giorno e notte per la propria attività, ma rischia di diventare uno scenario plausibile alla luce dei dati, implacabili, che emergono nel post-covid. Le stime della Confcommercio metropolitana parlano chiaro, si registra un -40% di fatturato e per i ventimila posti di lavoro non è un bel termometro. Un terremoto per la categoria, ma anche per l’economia provinciale e regionale, che da sempre contano anche sui pubblici esercizi per sfamare e garantire un tetto sopra la testa alle famiglie. Nel settore, in Veneto, operano 84mila dipendenti, in circa 26mila pubblici esercizi, di cui oltre la metà donne. 
I NUMERI PARLANO
Nella sola provincia veneziana sono 5573 i bar e ristoranti, che danno lavoro, appunto, a oltre ventimila persone. Mentre, restando in tema di numeri, su scala nazionale il fatturato dei locali è stimato in 85 miliardi di euro. Il grido d’allarme lo lancia Massimo Zanon (presidente di Fipe Confcommercio Metropolitana di Venezia e di Confcommercio Unione Metropolitana di Venezia): «Sono dati importanti e forse troppo spesso non adeguatamente considerati. Dati che evidenziano come ristorazione, bar e locali non solo costituiscano un’importante rete di servizio per la collettività, ma anche una leva, economica e per l’occupazione, insostituibile». Le preoccupazioni di Zanon sono rivolte soprattutto alla conclusione di questo 2020, che con il Covid non ha lasciato il minimo respiro nemmeno a chi lavora o cerca di tirare avanti tra mille difficoltà. Per il presidente è necessario che qualcosa sia fatto sin da subito per sostenere queste professionalità: «Le misure attivate dal Governo stanno dando solo ora un primo beneficio e anche la Regione ha risposto tempestivamente alle nostre richieste. Ma il settore necessita di misure strutturali e aiuti per adattarsi ai nuovi stili di vita e rinnovare il business». 
RICHIESTA D’AIUTO
La richiesta del presidente dell’associazione è che proprio chi assiste i lavoratori non sia lasciato solo: «La reazione dei singoli esercenti c’è stata, grazie anche all’assistenza delle associazioni di categoria che hanno dato non solo assistenza, ma anche messo a disposizione strumenti indispensabili per attivare e sviluppare sistemi di prenotazioni e vendite con consegna a domicilio, spesso dando vita a nuovi rami di business, opportunità di fidelizzazione e attrattività per il cliente che prima della pandemia venivano visti con scetticismo o forse troppo complicati». E così la via d’uscita rischia di essere quella del sacrificio, a meno di non riuscire a innovare e creare rete. Ma il dito resta puntato su uno dei maggiori mostri da sconfiggere, cioè la burocrazia: «È proprio da un mix di aiuti pubblici semplici, e a burocrazia zero e supporto con strumenti innovativi, che vogliamo evitare lo scenario peggiore: a due mesi dalla riapertura, dopo il lockdown a causa del Covid-19, la perdita di fatturato è già stata stimata mediamente in un 40%». L’auspicio di Zanon è che il futuro consenta un minimo di ripresa in grado di decurtare le perdite, facendo sì che i lavoratori del settore possano guardare al futuro con la speranza di non dover abbassare le saracinesche per sempre: «Contiamo, se non vi saranno colpi di coda della pandemia, di comprimerla a fine anno almeno al -26%, per risalire davvero la china con il nuovo anno».
Tomaso Borzomì 
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Ultimo aggiornamento: 20:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA