Venezia, negozi chiusi o sfitti. L'ultima vittima è Gastaldi: ecco perché si è arreso

Mercoledì 26 Gennaio 2022 di Michele Fullin
Venezia, negozi chiusi o sfitti
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VENEZIA - La saracinesca è abbassata definitivamente. Fa strano, vedere chiuso un negozio che si è visto sempre aperto, con le marionette e le maschere in cuoio e in cartapesta in bella vista. Eppure è così. Un cartello giallo dice: Sfitto dopo 32 anni. Ad appenderlo, come per integrare il conteggio dei negozi sfitti fatto la notte di sabato dalla street artist Freak of Nature, è stato Flavio Gastaldi, che dal 1990 presidiava le Mercerie dell'Orologio.

Non è una parola a caso, perché Gastaldi in moltissime occasioni ha sventato furti di portafogli tenendo d'occhio le bande di borseggiatori che passavano (e passano tuttora, per quelli la crisi non c'è) su e giù tra Rialto e San Marco. Un osservatore in prima fila anche delle trasformazioni che ha subito quella che un tempo era la strada più elegante della città (calle larga XXII Marzo era sede di banche e assicurazioni) per diventare un'infilata di locali chiusi inframezzata da pochi superstiti che hanno trovato il modo di vivere anche con la clientela locale.


Chiuso il negozio di Gastaldi

«Martedì scorso ho restituito le chiavi alla proprietà - racconta - era impossibile andare avanti. Da due anni non si vedeva la luce, con il virus e ancora prima con l'acqua alta del 2019. Ma con un giro d'affari ridotto del 90 per cento è impossibile tenere aperto, soprattutto con affitti esosi. Nel 2020 ci avevano concesso un po' di ribasso, nel 2021 avevo offerto una cifra al ribasso: non hanno accettato, per un po' ho dato quello che potevo e alla fine mi hanno dato lo sfratto. E io me ne sono andato, in punta di piedi com'ero arrivato». Nel 1990 la sola Venezia aveva 78mila abitanti e il turismo becero di oggi stava appena vedendo la luce. In compenso, c'era un altro tipo di turismo, quello che si fermava più notti. «Nel 1990 - ricorda - si vendeva roba di qualità: maschere artigianali fatte a Venezia, cristalli, marionette, mantelli perché c'erano americani e giapponesi. Poi, con le torri gemelle sono diminuiti gli americani e i giapponesi sono entrati in crisi. Sono poi arrivati russi, sudamericani e cinesi, ma non era più come prima. Piano piano ho dovuto cambiare merce, rincorrendo un mercato sempre più al ribasso. Hai voglia pagare 8-10 mila euro al mese vendendo cose da pochi euro. 32 anni di vita mangiati in due anni. E pensare che all'epoca avevo anche pagato la licenza, ora non ho neanche la buonuscita dai cinesi di turno».


Botteghe storiche rimaste a Venezia

La situazione è uguale nel resto della Merceria, in calle Larga e in Spadaria. Ormai lì, a tenere alta la bandiera è rimasto solo Al Duca d'Aosta, che dopo aver lasciato la Merceria del Capitello ha preso il posto del glorioso e lussuoso Élite. «Nelle zone vicine a San Marco continuano ad aprire negozi gestiti da bangladesi, che stanno facendo man bassa di tutto. C'è gente che entra ai soldi che vuole il proprietario - aggiunge - ma poi non pagano più e a un certo punto se ne vanno. E il proprietario? Da chi subentra vuole recuperare i soldi persi. In calle Larga ci sono due o tre negozi che restano chiusi per questo motivo. E poi, inutile dire ogni domenica che arrivano 70mila persone. È tutta gente che viene a farsi il giro e non spende un soldo se non forse nei bar». Ormai, per Gastaldi i negozi aperti da prima che arrivasse lui in Merceria si contano su una mano. «Prima di me ha chiuso Ruvoletto, bottega storica, ma ne chiudono in continuazione. Questo perché le proprietà vogliono i schei e basta, senza lungimiranza. E così arrivano solo gli stranieri. E anche il Comune, cosa ha fatto per impedire tutto questo? A Rialto c'è la zona rossa, ma anche lì i veneziani sono andati via. Di pre anni 90 è rimasto Cargasacchi dei coltelli, Vivici la gioielleria, il caffè Goppion, foto Blitz e la gioielleria Buccellati. Anche in calle larga è stato un disastro: hanno aperto tanti ristoranti e botteghe che sono però chiuse. Hanno tutto in mano albanesi, cinesi e bangladesi».


Affitti commerciali a Venezia

Per Gastaldi la causa è la crisi turistica, ma soprattutto gli affitti. «Venezia è in mano a gente senza cuore. Ai padroni dei muri bastano i schei, dicono che hanno i loro problemi. Ma un conto è tirar fuori i soldi ogni mese come facciamo noi commercianti, un conto è averne meno, 5mila invece di 8mila al mese. Assicuro che la causa principale delle chiusure qui sono gli affitti. Gucci e Dolce e Gabbana sono andati via per questo, tanto hanno altri negozi in posti di prestigio. Per un buchetto c'è gente che chiede 10mila 500 euro. Forse qualcosa migliorerebbe se il Comune abbassasse le tasse sugli immobili a chi affitta a un prezzo umano, ma non ne sono certo». Scoraggiato, Gastaldi non alza bandiera bianca. «E come potrei? La pensione da commerciante è infima e la buonuscita non l'ho avuta. Cerco qualcosa nei paraggi, un proprietario che abbia cuore e voglia di scommettere sul futuro. Se c'è speranza? Prima che riprenda tutto ci vorranno anni. Ma chi ha i soldi per resistere?».

Ultimo aggiornamento: 19:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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