Portabagagli straniero pestato da 3 uomini: «Perché non pago il pizzo»

Lunedì 13 Maggio 2019 di Tullio Cardona
Portabagagli straniero pestato da 3 uomini: «Perché non pago il pizzo»
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VENEZIA - A volte la verità è un prisma e non è facile distinguerne le facce. «Mi hanno picchiato perché non volevo pagare il pizzo, non perché ho fatto brutti gesti». Volto tumefatto, parla Regan, il bengalese picchiato venerdì da tre uomini, ora indagati per lesioni aggravate. Ma quello che emerge dalla verità raccontata da Regan è uno spaccato che lascia intravedere una brutta realtà di piccola mafia locale. Dichiarazioni che il bengalese picchiato venerdì alle Guglie ha fatto pure alla polizia e che la questura ha preso in forte considerazione, concentrando la propria attenzione sul pizzo dei portabagagli, come lo descrive lo stesso trentenne. Chi si rifiuta, finisce male. Avvertimenti e botte.
 
LA TESTIMONIANZA«Sono in Italia da 15 anni - esordisce - ho sempre lavorato a Napoli, sottopagato, in una fabbrica. Un anno fa sono venuto a Venezia e lavoro come portabagagli davanti alla Stazione. Mi hanno chiamato pedofilo, mostro, bastardo. Hanno messo in giro la voce che faccia brutti gesti, mostrando il sesso alle ragazzine. Non è vero niente: sono stato picchiato più volte perché non voglio pagare gli esattori, non per volgarità: i delinquenti che ci chiedono soldi sono Gigi e Cristiano, che fanno il giro ogni mese dai portabagagli di piazzale Roma fino a quelli della Stazione. Ci chiedono 50 euro al mese e se non paghiamo sono botte o peggio. Sono stato picchiato 3 volte e in queste occasioni hanno messo in giro la voce che mi sia comportato male con le bambine. L'ultima volta hanno tirato fuori la scusa che avrei molestato una bambina di 5 anni. Ma dico, andava in giro da sola? E i genitori dov'erano? La verità è che Gigi e Cristiano, aiutati da un terzo uomo, mi hanno trascinato vicino al ponte delle Guglie e pestato perché volevano i soldi. Altre volte mi hanno bucato le ruote del carretto fino a buttarlo in acqua. Se non pago, non vogliono farmi lavorare». 
L'OMERTA'Mentre Regan racconta la sua versione dei fatti, si accosta un altro bengalese portabagagli che, in italiano, gli esprime la sua solidarietà. Ne approfittiamo per chieder se paga anche lui i 50 euro. L'uomo fa finta di non capire e inizia a parlare in bengalese. 
Ha risposto. 
In più, a conforto della tesi di Regan, c'è il fatto che le forze dell'ordine intervenute per sedare la rissa, ben conoscevano i tre aggressori, come noti pregiudicati. Mentre nessuna denuncia per atti osceni o violenze è mai stata spiccata verso il portatore. «Se fosse il pedofilo che raccontano - intervengono amici veneziani di Regan - sarebbe pieno di denunce, invece non ne ha. Quando beve è fastidioso e anche prepotente nel chiedere sigarette o soldi per un'ombra, ma non ha mai fatto nulla di male, soprattutto le cose oscene che raccontano. Tutti si inchinano alla violenza, al pizzo, alla mafia; lui no, resiste, e per questo gliene fanno di tutti i colori». «Oltre ai miei nemici che vogliono taglieggiarmi - conclude Regan - ora c'è anche la gente che mi guarda male e crede che sia un mostro. Spero tanto che tutti si ravvedano, perché non ho fatto niente». 
Tullio Cardona
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