Il questore Masciopinto: «Non vedere i tanti abusi contro le donne? Come l’omertà sulla mafia»

Giovedì 26 Novembre 2020 di Luca Bagnoli
SICUREZZA Il questore Maurizio Masciopinto
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 «Non siete sole. E chi si gira dall’altra parte è come l’omertà sulla mafia». È il messaggio del questore di Venezia, Maurizio Masciopinto, lanciato ieri dall’M9 per la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Un grande evento in diretta streaming quello organizzato da “Mestre Mia”, presentato dal presidente Andrea Sperandio e da Maria Laura Faccini, che ha richiamato tutta la comunità cittadina per esprimere vicinanza e sostegno alle vittime di soprusi. 


PROTOCOLLO

«C’è molta attenzione sul tema – prosegue il dottor Masciopinto -. Il Capo della Polizia ha emanato direttive precise ai questori, e abbiamo realizzato un protocollo per mettere in rete tutte le azioni delle Volanti, che producono “alert” di monitoraggio del fenomeno, eludendo la dispersione, per effettuare interventi mirati. Un tempo le Volanti cercavano di fare da paciere nelle situazioni di litigiosità, adesso l’approccio è capovolto, c’è un approfondimento metodico. Tuttavia qui a Venezia, nonostante il lockdown, siamo in controtendenza, abbiamo avuto un calo dei casi, ma il recente femminicidio di Padova ci dice che dobbiamo investire di più nella prevenzione, con misure interdittive, ma soprattutto serve un rinnovo culturale che parta dalle scuole e dalle famiglie, che dovrebbero approfittare di questo tempo che ci relega in casa per affrontare questo tema». La vice comandante della Polizia locale, Maria Teresa Maniero, parla di un incremento dei casi durante il lockdown a livello generalizzato, ma non tra Venezia e Mestre dove «la situazione è trasversale, le denunce arrivano direttamente, o dai familiari, oppure dai servizi. Una volta – racconta - da un semplice problema di sanzioni non pagate, è emersa una condizione domestica molto critica. Abbiamo cambiato metodo, mettendo più empatia, per riconoscere meglio le criticità, accorciando le distanze tra noi e i cittadini, e ogni anno organizziamo corsi di formazione, anche se poi la differenza la fanno le diverse caratteristiche di sensibilità. Chi ha subito violenza diffida delle istituzioni e teme ritorsioni, e la paura paralizza, è importante dunque fare rete anche tra chi porta la divisa, essere un punto di riferimento per queste donne che devono fidarsi di noi». 
I NUMERI
I numeri li riporta Patrizia Marcuzzo, responsabile del Centro Antiviolenza. «Riceviamo ogni anno 250 donne, anche nel 2020 nonostante il lockdown, quando eravamo tutti chiusi, mentre molte donne erano “recluse”. Con loro organizziamo progetti, supporto psicologico e, sempre durante il confinamento, abbiamo avuto 33 richieste di ospitalità, creando anche “Noi ci siamo”, iniziativa social, perché altrimenti era difficile entrare in contatto. Le Case rifugio sono una realtà decisiva, quando le donne, 7 quest’anno, e i bambini, 11, sono costretti a scappare di casa. Il Centro lavora in rete con gli altri servizi sociali, le forze dell’ordine e i Pronto soccorso, che possono chiamare le nostre operatrici h24, così le donne possono essere messe subito in protezione. Infine le scuole, con percorsi di sensibilizzazione, perché è vero che oggi le nuove norme ci aiutano, ma cambiare la cultura è un processo lento». 
LE CHIAMATE ALL’1522
A commentare l’impegno del Centro Ermelinda Damiano, presidente del Consiglio comunale: «Non posso che congratularmi con le operatrici. Abbiamo inaugurato i due nuovi sportelli a Cannaregio e al Lido». Di problema culturale parla anche il Tenente della Guardia di Finanza Elisabetta Ruta. «È un fenomeno che nasce da una mancanza di “vocabolario”: questi uomini sono incapaci di relazionarsi con l’altro. Oggi finalmente noi donne riusciamo ad indossare pantaloni, a portare una divisa: denunciate le violenze, anche quelle psicologiche, che sono le più subdole». 
Un’altra importante testimonianza la esprime il maresciallo dei Carabinieri Angela Fior. «L’abusante è soprattutto il partner attuale, o l’ex, ma si trova anche in famiglia e sul lavoro. A volte sono molto giovani, altre più anziani, pongono la vittima in sudditanza, e si sentono appagati, mentre le donne vengono isolate, umiliate, con l’autostima disintegrata, ma devono capire che quello che subiscono non è normalità, bensì un reato. In caserma chiedono aiuto sia italiane che straniere, e per quest’ultime è ancora più difficile. La violenza domestica è la più diffusa e la più complessa da far emergere. Quando ci chiamano per un abuso in corso è importante riuscire a tenere accesa la telefonata, quando invece vengono in caserma le accogliamo, mettendole in condizione di essere ascoltate, devono capire che sono al sicuro. Al numero 1522 possono rivolgersi anche in forma anonima».
Che cosa siano altresì le diverse violenze sulle donne lo si legge in un messaggio del sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta: «Sistematica violazione dei diritti umani».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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