La coppia e i fratelli, storie drammatiche di intere famiglie distrutte in pochi mesi dal Covid

Martedì 22 Dicembre 2020 di Diego Degan Nicola De Rossi
OSPEDALE COVID Medici e infermieri attorno a un malato

IL BILANCIO
VENEZIA Ci sono stati altri 482 contagi e 17 morti nelle ventiquattr’ore abbracciate dal report di Azienda zero, che racconta l’evolversi della pandemia nel Veneziano. In una giornata, quella di ieri, che ha visto una nuova impennata anche di ricoveri.
I DATI
Il numero che più impressiona è quello delle vittime in un qualche modo legate al virus: sono state 17 ieri, sono 922 da inizio pandemia e la soglia psicologica - e inimmaginabile - delle mille croci è un traguardo che, a questi ritmi (14 morti ogni giorno, di media), sembra raggiungibile a breve, così come le 400 vittime in un solo mese. Finora, a dicembre, sono state 296, inutile fare paragoni con i quasi dieci mesi precedenti, non reggerebbero. Calano invece i nuovi positivi, ieri 482 e ben distanti dal +567 di domenica: se si potrà parlare di picco raggiunto lo si vedrà nei prossimi giorni e solo se i contagi (che ci saranno) caleranno di intensità. In tutto i casi sono 32.918, gli attualmente positivi 13.487. In ospedale 571 pazienti, 60 in Rianimazione.
LA TRAGEDIA DI CAVARZERE

Lui è morto il 16 dicembre all’ospedale di Trecenta, lei il 18 in quello di Dolo. Entrambi ospedali per malati di Covid, uno per la provincia di Rovigo e l’altro per l’Ulss 3. I malati di Cavarzere al confine tra le due province, talvolta finiscono a Dolo, talvolta a Trecenta, a seconda di quale 118 interviene. E così Alberto Mancin, 75 anni, che si era ammalato per primo, è finito nell’ospedale polesano, mentre la moglie, Argadina Vallini, 68 anni, a Dolo. Si amavano profondamente, ricorda chi li conosceva, sicuramente avrebbero voluto andarsene insieme. Invece il virus che li ha colpiti entrambi, indifferente alle tragedie umane, li ha separati e ha fatto loro vivere gli ultimi giorni in solitudine. Non sappiamo se lei abbia esalato l’ultimo, faticoso, respiro, dopo aver saputo della morte di lui, o se nessuno la avesse ancora informata o, ancora, se lei avesse “sentito” il venir meno del marito o se non si sia resa conto di nulla. A chi vede l’annuncio funebre, affisso nel centro del paese, con i volti affiancati, resta solo la certezza di due morti solitarie, senza neppure il reciproco conforto. E resta il dubbio, leggendo quella scritta, «i funerali si svolgeranno in data da destinarsi», che qualcosa non abbia funzionato a dovere. In tempi di pandemia è difficile capire perché ci sia un sospetto del genere ma, al momento, il motivo non è stato reso noto da nessuno. Non resta che allungare la triste conta dei morti cavarzerani in questa seconda fase dell’epidemia. L’ultimo dato fornito dal sindaco, Henri Tommasi, parlava di nove morti, il 17 dicembre. Dunque Agardina, il giorno dopo, è stata la decima vittima del Coronavirus a Cavarzere. 
DOPPIO LUTTO A MARTELLAGO 
Non bastava il sacrificio di Renato Garbin: nove mesi dopo il virus si è portato via anche il fratello Gino. Ha destato profonda commozione e sconcerto l’ennesimo lutto da Covid a Maerne, il diciannovesimo da inizio pandemia, e non solo perché Gino Garbin, 79 anni, era conosciuto in paese, dove abitava da sempre, ma anche perché il virus si è accanito sulla stessa famiglia. Suo fratello Renato, 77 anni, stimato volontario della Pro loco e del MaerneFiere, era stato la seconda vittima nel comune, spirato il 27 marzo: i due peraltro abitavano vicino, nello stesso edificio, in via Circonvallazione, ed erano legatissimi. La seconda ondata è stata fatale a Gino. Il 79enne, che aveva ben superato un tumore e godeva di discreta salute, è risultato positivo il 18 novembre: all’inizio aveva solo un po’ di febbre ed è stato curato a casa, ma poi ha cominciato a peggiorare, il virus gli ha gradualmente inibito i polmoni. È stato ricoverato all’ospedale di Dolo, in Medicina, poi in Pneumologia e infine in Terapia intensiva, dove sabato si è arreso. Gino Garbin, oltre che a Maerne, era molto conosciuto anche a Mestre: qui infatti, da giovane, con il fratello Ivone aveva aperto un salone di barbiere tenuto per diverso tempo e sempre a Mestre, dal 1987 al 2003 aveva gestito con tutta la famiglia il Bar Pasqualigo. Anche adesso che era in pensione andava quasi quotidianamente ad aiutare il figlio Marco che gestisce il Bar La Corte di Spinea. Faceva parte anche dell’Associazione Fornace Insieme di Spinea, dove pure aveva tante amicizie, e collaborava alla realizzazione della sagra paesana. «Mio papà era proprio una bella persona - lo piange il figlio -, sempre disponibile ad aiutare gli altri». Lascia la moglie Gabriella, i figli Marco e Silvia e i nipoti Laura, Sara, Erica e Alberto. I funerali domani, mercoledì, alle 10 in chiesa a Maerne. 
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Ultimo aggiornamento: 09:23 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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