Venezia. La difesa dei baby bulli: «Quei raid perché non sapevamo che fare»

Sabato 1 Giugno 2019 di Nicola Munaro
Venezia. La difesa dei baby bulli: «Quei raid perché non sapevamo che fare»
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VENEZIA - «Non c'era un motivo» per rubare o picchiare persone che come unica colpa avevano avuto quella di incrociarne la strada. La conferma di quanto gli inquirenti sospettavano già, è arrivata ieri con gli interrogatori di garanzia dei tre maggiorenni arrestati mercoledì dalla Squadra Mobile di Venezia con l'accusa di far parte di altrettante, e diverse, baby gang in azione dal giugno 2018 tra Mestre e Venezia.

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Sono stati loro, in particolare Angelo Alesini, ad ammettere come mancasse un disegno nelle loro azioni, ora sempre più frutto del caso e della noia. C'era, quello sì, l'«abuso di alcol in alcune occasioni», proprio quando si verificavano i fatti contestati e ammessi, ma solo parzialmente. 
 
ALESINIIl primo a comparire davanti al giudice Maria Luisa Materia è stato Angelo Valerio Alesini, diciannove anni tra pochi giorni, in carcere con le accuse di furto in abitazione, furto aggravato, estorsione e danneggiamento. Nel faccia a faccia con il giudice che l'ha arrestato, Alesini ha ammesso di «aver abusato di alcol» in alcuni occasioni. Quelle in cui si era poi sfogato rubando nei garage o devastando la sala pc della scuola d'arte Guggenheim. Il motivo? Nessuno. Non c'è un perché, ha ammesso il giovane, che quindi non ha «saputo spiegare» la violenza di quei gesti,. Nel suo interrogatorio Alesini ha ammesso alcuni furti: quello alla Guggenheim (nel fascicolo d'indagine c'è la foto che lo ritrae sorridente tra i monitor mandati in frantumi, sotto la scritta «Grazie Guggenheim», ndr), il furto delle auto all'Anas e un colpo in tabaccheria, dove comunque - ha detto - aveva fatto solo da palo. Ha poi negato di aver preso parte al colpo all'interno della caserma della Polizia Locale di Marghera, al furto di una Jeep e negli uffici di Veritas. 
«Non è lui il boss, il suo ruolo è molto marginale rispetto ad altro correi - ha spiegato l'avvocato Giampero Martinis, annunciando ricorso al Riesame - Più delle volte il mio cliente faceva da palo, era trascinato nelle situazioni dal fascino di altre persone. Aveva carisma, sì, ma nulla di più. Come ho sempre detto, vanno attribuiti i fatti alle persone giuste, altrimenti si rischia di fare confusione. Non è il più cattivo, piuttosto è il Fantozzi della situazione». 
BONZIODopo Alesini, è stata la volta di Sebastiano Bonzio, 18 anni, ai domiciliari per aver partecipato, a Mestre, alla tentata rapina di un bengalese, pestato a sangue con un ombrello usato come fosse una mazza da quattro minorenni del centro storico (tre sono in casa famiglia) mentre lui gli sbarrava la via di fuga. 
«Mi vergogno - ha detto Bonzio, assistito dall'avvocato Renato Alberini - di aver partecipato e di non averlo difeso, mi sento corresponsabile». Anche lui però non ha saputo «trovare un perché» a quell'aggressione cominciata per caso, mentre il gruppetto violento era lì a non fare nulla. «Ero lì con amici - ha raccontato al gip Materia che, tanto per lui, quanto per Alesini ha suggerito di non concedere la sospensione dalla pena in caso di condanna - l'abbiamo visto passare in bicicletta e uno gli ha chiesto il portafoglio: io mi sono trovato coinvolto. Non l'ho picchiato, ma ho ostacolato la sua fuga. Ora sono disponibile a risarcire il danno fatto».
TANASEPer rogatoria, e davanti al gip di Treviso, è stato interrogato Marian Laurentiu Tanase, 19 anni di Treviso, in cella per due aggressioni a Venezia (il 13 e il 19 gennaio) e per una rapina di 20 euro al Lido, il 23 marzo. Identico il filo rosso con le difese degli altri due arrestati: «Chiedo scusa, avevamo bevuto parecchio ed eravamo su di giri - ha detto, assistito dall'avvocato Antonio Bondi - Ho fatto una stupidaggine, mi dispiace molto», ha spiegato ammettendo l'aggressione del 13 gennaio ai danni di tre ragazzi che stavano solo fumando una sigaretta in campo San Polo. Avvicinati, erano stati colpiti con un tirapugni. 
Tanase poi ha respinto l'accusa di aver capeggiato il gruppetto di 10 persone che il 19 gennaio a San Basilio ha rotto la mandibola ad uno studente. Così come di aver rapinato un giovane al Lido.
Nicola Munaro

Ultimo aggiornamento: 14:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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