Un anno dall'Aqua Granda: "Aspettiamo ancora i rimborsi dal Governo"

Giovedì 12 Novembre 2020 di Marta Gasparon
Un'immagine dell'Aqua Granda a Venezia nel novembre 2019

Ad un anno dall’Aqua Granda e in un contesto in cui la crisi economica non accenna a rallentare la sua corsa, i commercianti dell’associazione “Piazza San Marco” (circa 3mila gli associati) lanciano un grido di protesta.

Frutto di un malumore crescente e difficile da contenere. «Chiediamo che Conte istituisca una task force – dichiara Raffaele Alajmo, del Quadri, nonché vicepresidente dell’associazione – che studi i dossier che ogni azienda ha prodotto e inviato certificando i danni. Affinché i fondi non restino bloccati, ma messi a disposizione delle attività danneggiate dall’Aqua Granda ora in sofferenza per l’emergenza Covid». Questo il punto: ad oggi coloro che sono stati maggiormente colpiti dalla marea record dello scorso 12 novembre, sono ancora in attesa degli indennizzi statali. «Nonostante i fondi ci siano, – sottolinea Alajmo – in parte sbloccati dal governo lo scorso anno e in parte raccolti attraverso le migliaia di donazioni arrivate da tutto il mondo». Perché se il Comune è già intervenuto sul rimborso dei danni inferiori ai 20mila euro, per quelli superiori l’erogazione non può che partire da Roma. Ma per il momento la situazione non accenna a sbloccarsi. Fu lo stesso Conte, durante la sua visita a Venezia nei giorni dell’emergenza, a promettere che i danni più consistenti sarebbero stati quantificati e liquidati dopo un’istruttoria tecnica. «Quei soldi devono pur essere da qualche parte, chiediamo al Premier dove: basterebbe che istituisse una Commissione e controllasse i dossier inviati per farci voltare pagina davvero. Per ripartire abbiamo speso centinaia di migliaia di euro. I danni accertati sono stati forti per molte aziende», evidenzia l’imprenditore, raccontando come personalmente la spesa effettuata sia arrivata a 180mila euro. Insomma, il messaggio è chiaro e consiste nel chiedere che i tempi dei ristori – soprattutto per quanto riguarda i commercianti delle Procuratie Vecchie che hanno riscontrato problemi ingentissimi sia a livello strutturale che al mobilio, ormai ripristinati – vengano accelerati. Ora più che mai. In quanto gli aiuti mancanti, fermi, darebbero una mano concreta ad una città ferita come Venezia. Costretta a fare ancora i conti con i fantasmi di ciò che è stato a novembre dell’anno scorso e con un’emergenza sanitaria che la sta privando tutt’oggi della sua maggiore fonte di sostentamento: il turismo. «Anche perché i ristori attuali, previsti dagli ultimi decreti legge, sono del tutto insufficienti». «Se questi soldi non arriveranno? Da qui ad aprile – commenta il presidente dell’associazione, Claudio Vernier, titolare del Todaro – tutti noi potremmo rischiare di chiudere. Anche la mia azienda è in forte crisi, non lo nascondo». Ma le lamentele sulle quali l’associazione intende porre l’accento con l’ashtag #unitipervenezia, non si fermano. E arrivano in un contesto in cui Piazza San Marco appare svuotata: un’immagine malinconica, quella proposta in questi giorni dal salotto buono della città, che fa male al cuore. Conseguenza di una protratta emergenza sanitaria che ha costretto i più ad abbassare la serranda chissà fino a quando. Le sedie e i tavolini accatastati, un silenzio assordante, le vetrine spente: il luogo simbolo della città sembra essere tornato ai tempi del lockdown. Tante, troppe, le attività chiuse temporaneamente – Vernier parla di un buon 90%, senza considerare l’oltre 30% delle aziende che hanno dovuto gettare la spugna per sempre – in primis i Caffè storici. Lo scenario è il medesimo per tutti coloro che nell’area marciana lavorano, così come il futuro, disegnato su contorni incerti. «Ad un anno dall’alluvione che ci ha colpiti, dando inizio al nostro incubo, sono stati 365 giorni in “apnea”. Dopo il breve periodo del Carnevale in cui avevamo provato a rialzare la testa, siamo ricaduti nel dramma», continua Vernier, sottolineando – fra le altre – la richiesta di una legislazione specifica per le città d’arte come Venezia. Oltre ad una risposta concreta alla questione delle concessioni demaniali ai 22 lotti di negozi e pubblici esercizi dell’area marciana, alla revisione della liberalizzazione delle licenze nel commercio, alle agevolazioni fiscali per le attività di vicinato e per chi affitta ai residenti. E al sollevamento del Mose prima dei 130 cm («le Procuratie Vecchie vanno sotto già con 85 cm»), aspettando la fine dei lavori delle opere complementari. 

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