Venezia79. Monica, prima trans in corsa per la Volpi: «Quanti no negli Usa»

Domenica 4 Settembre 2022 di Alda Vanzan
Monica, prima trans in corsa per la Volpi

È Un regista trentino, Andrea Pallaoro, anche se ormai naturalizzato americano, a portare per la prima volta in concorso a Venezia un'attrice transgender. E ad affrontare temi intimi e allo stesso tempo collettivi: il cambio di sesso, il rapporto con la famiglia, l'abbandono, la non accettazione da parte degli altri, la mancata riconoscibilità. A questo film intitolato Monica (ma in sala sarà I Wonder), secondo dei cinque italiani in selezione alla 79ma edizione della Mostra del cinema, Pallaoro ha cominciato a lavorare nel 2016. Per scegliere la protagonista ha impiegato un anno vedendo 30 candidate. «È stato un processo lungo», ammette. Finché si è trovato davanti Trace Lysette, i lineamenti delicati, gli occhi azzurri che splendono ma sembrano velati di sofferenza, i capelli lunghi biondo scuro, un fisico da pin-up, la voce bassa. «Con lei - dice il regista, a Venezia per la terza volta dopo Medeas del 2013 e Hannah del 2017 - è bastato il primo incontro, per la sua capacità di essere piuttosto che recitare e per il fatto di aver capito subito lo spazio psicologico del personaggio.

Monica per me è un'eroina moderna, una donna capace di perdonare». Lysette annuisce: «Ho letto la sceneggiatura e l'ho trovata bellissima. Perché sono rare le storie che mettono al centro un personaggio trans, di solito vengono utilizzati come veicolo per raccontare qualcosa o qualcun altro».


Trace Lysette, chi è


Trentaquattro anni, nata nel Kentucky in una famiglia cattolica in parte italiana (la nonna era napoletana di Decorata), attiva nei movimenti Lgbtq, Trace Lysette nei documenti ufficiali è ancora un lui: ha completato la transizione sessuale da poco, nel passaporto compare sempre il nome di quand'era maschio. Il film è stato girato in Ohio, proprio dove la protagonista è cresciuta, ma non è stato semplice per il regista trovare un posto per le riprese: «Tre location - confida Pallaoro - ci hanno detto di no quando hanno saputo il tema che trattavamo. Nell'America profonda che ha votato Trump succede anche questo».
Già nel totopremi per la Coppa Volpi, Lysette sa che Venezia è la sua grande occasione. «Monica è un momento fondamentale, rappresenta per me una grande opportunità, raccontare quello che sono ma anche essere considerata un'attrice a pieno titolo. In passato ho avuto momenti difficili, volevo rinunciare a tutto, l'etichetta gender mi perseguitava, dormivo su un materasso per terra a casa di conoscenti, poi un amico mi ha incoraggiata a investire su me stessa, ad andare avanti, ho preso lezioni di recitazione, è arrivata la chiamata per la serie Law and Order e la mia vita ha cominciato a rialzarsi, subito dopo il ruolo in Transparent e ora posso sognare in grande. Cosa? Essere chiamata in un film come un'attrice e non come una transgender, credo di meritarmelo, ho lavorato duro, ho talento». A chi le chiede se Hollywood è davvero inclusiva e accogliente, Lysette risponde determinata: «Non c'è bisogno di categorizzare, siamo attrici e basta».


Monica, la storia


Girato nel formato dei vecchi film (tecnicamente 1.2:1, in pratica lo schermo anziché rettangolare è quadrato), il film tratteggia l'ipotesi di riconquista del rapporto tra madre e figlia, un rapporto bruscamente interrotto quando Monica, non accettata dalla famiglia per la sua identità sessuale, si è trasferita in California. Avvertita dal fratello che l'anziana madre (Patricia Clarkson) è gravemente malata, torna così a casa. «Quando ho letto lo script ho colto subito la verità intorno a questo personaggio transgender, la complessità delle relazioni con la sua famiglia, con Andrea poi ci è stata una sorta di collaborazione anche prima di iniziare a girare», dice Lysette, che non nasconde di aver attinto anche alle proprie esperienze personali per affrontare il lavoro, considerando che «il compito di ogni attore dovrebbe essere sempre quello di cercare la verità». È il caso delle lunghe telefonate alla persona che Monica amava: «Quelle le abbiamo improvvisate».
«È un cinema basato sulle domande e non sulle risposte», spiega Pallaoro, al secondo capitolo, dopo Hannah con Charlotte Rampling portato al Lido nel 2017, di una trilogia. «Ma se Hannah non riusciva a rialzarsi, Monica è un personaggio pieno di coraggio e generosità che riesce a perdonare di essere stata abbandonata - dice il regista trentino -. È vero, è una trans, ma se questo all'inizio è stato la molla della storia, basata su vicende che conoscevo come quella di una persona a me cara o la stessa Trace, poi durante il film è passato quasi in secondo piano. E la storia è diventata quella di una figlia che trova la madre e la famiglia dopo tanta assenza».

Ultimo aggiornamento: 30 Novembre, 13:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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