I locali simbolo di Venezia. Pronti a riaprire, ma uno su 5 è a rischio

Sabato 30 Gennaio 2021 di Raffaella Vittadello
I locali simbolo di Venezia. Pronti a riaprire, ma uno su 5 è a rischio

VENEZIA Due luoghi simbolo per Venezia, due prospettive diverse. In Piazza San Marco il Caffè Florian ha compiuto 300 anni, ma indipendentemente dai colori assegnati alle Regioni dal Governo in relazione agli indici di trasmissione del contagio, le serrande rimarranno abbassate. A pochi passi, in Calle Vallaresso, l'Harry's Bar di Arrigo Cipriani si prepara a riaprire i battenti da lunedì mattina, magari anche da domani, se fosse possibile. 


Marco Paolini, amministratore delegato del caffè più antico e rinomato di Venezia, è perentorio. «Quando riapriranno l'aereoporto, gli alberghi, i negozi e torneranno i turisti riapriremo. Ora che cosa riapriamo a fare? Basta guardare la webcam della Piazza San Marco.

Sempre desolatamente vuota. Non sono arrivati ristori nè aiuti di alcun genere, gli affitti e le tasse invece dobbiamo pagarli sempre. Perchè mai dovremmo riaprire?».


Più ottimista per natura Cipriani, nel suo locale, fondato dal padre Giuseppe - che di anni ne compie 90 a maggio. «Apriremo subito, dapprima senza neppure il riposo settimanale, poi ci riallineeremo. Certo, saremo a mezzo servizio, perchè la sera sarà chiuso, e il personale sarà i tre quarti di quello normalmente impiegato. Ma è un segnale importante, anche per la zona di San Marco. Intorno c'è il nulla, con molti fallimenti per i negozi storici e il rischio che finiscano nelle mani dei cinesi».


La zona gialla prevede che bar, ristoranti e pasticcerie possano tornare aperti, dalle 5 alle 18, con asporto consentito fino alle 22, l'orario del coprifuoco che resta comunque in vigore.


IL MALUMORE

Eppure nella categoria, c'è anche malumore. Ernesto Pancin, direttore dell'associazione pubblici esercizi di Venezia, dai dati a disposizione, sia pure non ufficiali, teme che il 20/25% delle aziende siano in difficoltà tali da valutare la chiusura definitiva, soprattutto per l'onerosità degli affitti, oltre alle tasse. 
Eligio Paties, titolare del ristorante Do Forni, annuncia che aprirà da martedì o mercoledì. «Il tempo di fare gli approvvigiornamenti, di riorganizzare il personale. Inizieremo con sei cuochi e sei camerieri, rispetto ai 46 dipendenti in organico, cercheremo di capire come. E speriamo di rimanere nella fascia gialla. Perchè si fa presto a tornare indietro. La Piazza è deserta, ma basta superare il ponte della Guerra per vedere come si comporta la gente, se tutti rispettassero le regole... Invece vedo mascherine abbassate o assenti, gente che fa capannello, e assenza di controlli».


LA PASTICCERIA

«Per noi cambierà poco - commenta Toni Rosa Salva, dell'omonima pasticceria in Calle Fiubera - certo che i clienti potranno entrare e stare al caldo a mangiare una frittella, anzichè consumarla all'esterno. Ma il panorama è cambiato, noi lavoriamo soprattutto con chi mangia fuori per lavoro, molti uffici del centro storico sono ancora chiusi, c'è largo ricorso allo smart working e il calo dell'affluenza si vede». Anche secondo Rosa Salva il tema del controllo da parte delle forze dell'ordine è fondamentale. «Ci auguriamo però che ce ne siano di più, mi pare di vederne pochi. E poi i veneziani stanno a casa, ma arrivano spagnoli e francesi... che senso ha? Bene riaprire, ma forse sarebbe stato meglio un lockdown più drastico e più lungo, anzichè correre il rischio di ripartire a singhiozzo».


Raffaele Alajmo a Venezia riaprirà solo il locale al Fontego dei Tedeschi, rispetto ai dieci che gestisce di cui otto in Italia. E sottolinea l'importanza di differenziare la ristorazione dai bar della movida, tra chi lavora in assoluta sicurezza e chi no. «La prova del nove si è avuta a Natale - commenta - i contagi sono aumentati e i ristoranti erano chiusi. Vuol dire che è più pericoloso che la gente si trovi nelle case, con minori precauzioni, che non in locali sanificati, dove viene assicurato costantemente il ricambio dell'aria. In questo periodo abbiamo fatto asporto, ma rispetto alla cucina al tavolo c'è la stessa differenza che vedere un gioiello in vetrina oppure indossarlo. Non c'è paragone».


IN TERRAFERMA

Chi ha già prenotazioni per sabato e per San Valentino è Gigi Pennello, del Caffè Sconcerto di Favaro: «Se dici che apri, la gente viene - spiega - se chiudi ti chiedono la consegna a domicilio, che facciamo da vent'anni e dal 2012 attraverso un'app. Sono cambiate le abitudini, prima spalmavamo il lavoro fino a mezzanotte, alle 7 non entrava nessuno, ora consegniamo le cene anche alle 6.30 di sera, come all'ospedale. Si mangia prima, se si è a casa, alle 8.30 abbiamo già finito di lavorare. Ma se diamo la possibilità di pranzare al ristorante, i clienti usano il pranzo come fosse una cena, anche in occasione di eventi importanti che prima erano impensabili di giorno. E vorrebbero rimanere a oltranza, fino alle 6 di sera. Noi siamo pronti».

 
Pronto a ripartire anche Giovanni Dal Poz, del Bistrot Gran Central di Via Piave. «Confidiamo nel rispetto delle regole, e ci auguriamo di riuscire a raggiungere anche la zona bianca, con la possibilità della cena. Sono stanco di lamentarmi, so che non è facile decidere, ma sono ottimista, e sono certo che la ristorazione può funzionare bene.

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