Nel giro di 9 mesi in Veneto sono state contattate 1.194 persone a rischio di grave sfruttamento sessuale o lavorativo, tanto che per 484 è scattata l'assistenza di prossimità, con 107 prese in carico attraverso programmi di protezione e inclusione sociale. È il bilancio del progetto Navigare registrato da luglio a marzo, dopo che a metà dello scorso anno la Regione ha assunto la gestione della rete antitratta in continuità con la precedente esperienza del programma Nave curato dal Comune di Venezia, diventando oltretutto capofila del numero verde nazionale (800 290290) che raccoglie le richieste di aiuto. Su questo sfondo Palazzo Balbi ha siglato un accordo con il Tribunale lagunare, primo nel suo genere in Italia, che punta a favorire il tempestivo riconoscimento delle vittime e ad accelerare la definizione dei relativi procedimenti giudiziari di protezione internazionale: «È un obbligo morale e un segnale di civiltà fare tutto il possibile, ognuno nel proprio ambito di competenze, contro un fenomeno inqualificabile», ha commentato il governatore Luca Zaia.
I DATI
Dalle prostitute ridotte in schiavitù, ai braccianti ostaggio dei caporali, anche le cronache venete sono punteggiate di episodi allarmanti.
I CANALI
I percorsi di richiesta della protezione (internazionale, sussidiaria e umanitaria) sono canali in cui possono transitare le persone vittime di reclutamento, a cui può accompagnarsi lo sfruttamento. È qui, nel lavoro svolto da magistrati e avvocati all'interno delle 4 Commissioni territoriali di Padova, Treviso, Vicenza e Verona, che interverrà il testo appena firmato. «Se dal fascicolo emergerà la presenza dei cosiddetti indici di tratta ha chiarito Laganà l'udienza verrà sospesa e rifissata. Nel frattempo il Tribunale potrà acquisire tutta la documentazione, pure quella secretata, in modo da coinvolgere gli operatori e i mediatori del progetto Navigare, per l'avvio delle attività di assistenza alle vittime, su cui spesso gravano minacce di ritorsioni sulle loro famiglie e rituali magici per vincolarle al silenzio, tanto che non è facile rompere il muro di omertà». A loro sarà offerta una via di fuga dalla schiavitù: una casa, un lavoro, l'assistenza sanitaria e legale. «Un modello che merita di essere esportato in tutta Italia», ha osservato Stefano Pes, rappresentante italiano dell'Agenzia dell'Unione europea per l'asilo.