L'ultimo della Venice Marathon: «Per me era importante partire e arrivare fino alla fine e ce l'ho fatta»

Martedì 29 Ottobre 2019
L'ultimo della Venice Marathon: «Per me era importante partire e arrivare fino alla fine e ce l'ho fatta»
2
«Per me era importante partire e arrivare fino alla fine e ce l'ho fatta». Osvaldo Scaramuzza di Crea, frazione di Spinea, 64 anni, pensionato, ex autista dell'Actv ha provato per la prima volta ad affrontare una maratona ed è stato l'atleta numero 5340, cioè l'ultimo del plotone, a tagliare il traguardo di Riva Sette Martiri.Tempo: 6.59'50, giusto al di sotto delle sette ore. «Siamo un gruppo di una decina di persone della zona che due volte alla settimana andiamo un po' a correre spiega Scaramuzza - un paio di volte avevo corso la dieci chilometri e a dicembre, assieme ad altre due signore del gruppo, ci siamo detti: perché non proviamo a correre la maratona? Da lì abbiamo cominciato a prepararci, ovviamente una camminata veloce, non una corsa, però costante. Il nostro allenatore ci ha detto sempre a testa alta e così ho fatto, ho seguito i suoi consigli, ogni cinque chilometri mi idratavo e cercavo di mantenere un'andatura costante».
 
SENZA PAURA
Non ha mai avuto paura di non farcela, neppure nei chilometri finali. «Mi sentivo bene, fino a metà gara riuscivo a fare circa otto chilometri all'ora, poi però ho cominciato a perdere brillantezza e ho lasciato che le mie due compagne di viaggio, che avevano un ritmo più veloce, mi lasciassero indietro. Del resto è giusto così, uno deve fare la sua gara e correre per come si sente. Bisogna anche tener conto che se anche ho perso un bel po' di chili, da 152 sono passato a 118, ho ancora una bella stazza, praticamente da solo faccio il peso delle due signore. Sono arrivate mezz'ora prima di me e mi hanno aspettato all'arrivo. Comunque non ho mai avuto problemi fisici, non ho avuto vesciche e anche il giorno dopo non ho problemi muscolari, solo un po' di fastidio alle piante dei piedi».
Certo quando Scaramuzza è arrivato a Venezia non aveva la folla assiepata dietro le transenne che lo aspettava, ma è stata comunque un'esperienza unica: «È stata una cosa davvero bellissima spiega perché ad un certo punto avevo il mio angelo custode, un vigile, che mi seguiva. C'è stato poi un momento in cui avevo dietro anche un'ambulanza e un'auto della polizia, che forse erano preoccupati, ma li ho rassicurati: sto benissimo gli ho detto e poi non me l'hanno più chiesto. Quando sono arrivato a Venezia sui ponti, i vigili mi facevano largo tra i turisti che ormai utilizzavano anche le passerelle che erano riservato ai corridori, li facevano spostare tutti. Devo dire che è stata una sensazione bellissima, una cosa che mi ha proprio colpito. Probabilmente la gente si chiedeva ma chi è questo qua scortato dai vigili?».
ANGELO CUSTODE
Arrivato nelle vicinanze del traguardo gli organizzatori stavano già togliendo i tavoli e smantellando le strutture, ma la cosa più divertente è successa quando Scaramuzza è giunto a San Basilio. «Sembrava che stessero cominciando a smantellare il ponte di barche in Punta della Dogana - racconta - e allora il mio angelo custode ha avvertito con il walkie talkie guardate che c'è ancora un corridore sul tracciato e mi hanno aspettato. Devo comunque ringraziare tutta l'organizzazione perché si tratta di un evento molto complesso, ma tutto è organizzato alla perfezione».
Soddisfazione al traguardo anche per essere riuscito a scendere sotto le 7 ore. Ma nessun tentativo di sprint per cercare di limare ancora qualche secondo.
GLI APPLAUSI DEGLI AMICI
«No, non ho guardato al tempo, a me interessava soprattutto arrivare fino alla fine. Del resto se i partecipanti erano quasi settemila e io sono arrivato intorno al cinquemila e trecento, vuol dire che ci sono stati un sacco di corridori che hanno mollato prima, che non ce l'hanno fatta. Infatti durante i primi dieci chilometri qualcuno sono anche riuscito a superarlo ed evidentemente se io sono arrivato ultimo e non mi hanno più ripreso vuol dire che si sono persi per strada e hanno abbandonato». Durante il percorso ci sono stati dei momenti in cui si è sentito un leone: «Volevo provare ad accelerare, c'era ad esempio una coppia, credo di Ravenna, che un po' camminava e un po' correva, e visto che il passo era simile abbiamo fatto la strada assieme però ad un certo punto non li ho più visti e ho continuato con il mio ritmo. In un altro momento davanti a me c'era un signore che credo fosse un non vedente, legato con un nastro ad una signora. Ho provato ad andarli a prendere, ma proprio non ce l'ho fatta».
Non è mancato il calore di amici e conoscenti: «Molti ex colleghi mi hanno visto correre sul ponte e mi salutavano e devo dire che ho ricevuto molti complimenti dagli amici». In tanti gli chiedono se ci riproverà. Risposta pronta: «Il prossimo anno no, farò di nuovo la dieci chilometri. Però fra due anni potrei riprovarci e puntare stavolta ad arrivare magari penultimo».
Andrea Manzo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Ultimo aggiornamento: 18:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci