JESOLO - Il valore della confisca eseguita a inizio settimana dai militari della guardia di finanza di Venezia è di quasi due milioni di euro. Ci sono quattro unità immobiliari all'interno di un residence di lusso a Jesolo, un'azienda, dei conti correnti bancari, denaro contante e orologi. Tutti beni riconducibili in qualche modo (alcuni di sua diretta proprietà) ad Alberto Vallese, 54 anni di Jesolo, più volte indagato e arrestato per truffa e ancora ai domiciliari.
DISCORDANZE
«Socialmente pericoloso ai fini della normativa antimafia»: per questo l'Antimafia veneziana ha messo i sigilli definitivi ai beni, dopo che in fase di indagine erano stato sequestrati a Vallese tre milioni di euro, uno dei quali si è poi riconosciuto non far parte del suo patrimonio. Il campanello d'allarme è suonato con la dissonanza tra quanto Vallese dichiarava all'Erario e il suo tenore di vita. Stando alle carte in mano a finanza e procura di Venezia, il lusso che il cinquantaquattrenne si poteva permette, nonostante dichiarazioni dei redditi non da Paperone, era frutto dei guadagni delle associazione a delinquere finalizzate ai vari reati.
Per ricostruire il patrimonio di Vallese, gli investigatori si sono avvalsi delle banche della guardia di finanza e dell'applicativo Molecola del Servizio centrale investigazioni sulla criminalità organizzata delle Fiamme gialle: un sistema informatico in grado di acquisire, incrociare e analizzare migliaia di dati economico-finanziari in tempi rapidissimi. Durante gli accertamenti sono stati attivati anche gli Uffici di cooperazione internazionale al fine di verificare l'esistenza di beni all'estero riferibili a Vallese.
OK AUTO
Il provvedimento di confisca riguarda l'indagine legata alla truffa Ok auto, a Chioggia, per cui Alberto Vallese era stato arrestato nel giugno 2019 con l'accusa di aver avuto un ruolo chiave nel raggiro di una cinquantina di acquirenti di vetture, restati a mani vuote dopo aver versato cospicui anticipi: il processo è ancora in corso a Venezia.
Secondo l'accusa, sfruttando il nome dell'autosalone, sarebbe stato organizzato un sistema articolato per ingannare gli ignari acquirenti. Allo scopo, l'amministratore della Ok auto avrebbe creato anche un'apposita agenzia, sempre a Chioggia, che si occupava di predisporre la documentazione per l'immatricolazione delle vetture inesistenti. Così i malcapitati clienti versavano tranquillamente gli anticipi, salvo poi trovarsi con nulla in mano.
Per gli investigatori Vallese - che sta affrontando un processo simile a Rovigo - era una delle menti del raggiro.