Morta dopo la trasfusione di sangue infetto: Comune condannato a pagare 800mila euro

Venerdì 13 Agosto 2021
Trasfusione di sangue

NOALE - Sentenza pesante per le casse del Comune di Noale. Il Tribunale civile di Venezia lo ha condannato, in solido con il ministero della Salute, a risarcire gli eredi di una donna infettata a seguito di una trasfusione e successivamente defunta, versando loro oltre 600 mila euro, somma che, aumentata da interessi e rivalutazione monetaria, dovrebbe superare gli 800 mila euro.
Il giudice Silvia Barison ha accolto le richieste del legale degli eredi, l'avvocatessa Silvia Sorrentino, pronunciandosi su una vicenda che ha i suoi inizi alla fine degli anni Sessanta, periodo al quale risalgono le prime trasfusioni con sangue infetto, in occasione di alcuni ricoveri ospedalieri presso il reparto di ostetricia e ginecologia di Noale.
La donna, si accorse di aver contratto l'epatite nel 2006, all'età di 66 anni. La correlazione tra le trasfusioni e la malattia, che prima di quel momento non aveva manifestato alcun sintomo, è stata già attestata dal procedimento amministrativo diretto al riconoscimento dell'indennizzo previsto dalla legge 210 del 1992.
LE TRASFUSIONI
Inizialmente la causa era stata avviata nei confronti della gestione liquidatoria della cessata Ulss 17, ma il Tribunale ha stabilito che, all'epoca dei fatti, la competenza ricadeva sulle amministrazioni comunali e, dunque, il procedimento è ripreso con la citazione del Comune di Noale, assistito dagli avvocati Ferdinando Trivellato, Stefania Trivellato e Giorgio De Luigi.
Nella sentenza viene sottolineano come il Comune si sia limitato a contestare qualsivoglia responsabilità, senza però fornire prova del «corretto adempimento della prestazione di diligenza professionale gravante sui sanitari», e cioè di aver preventivamente sottoposto i donatori di sangue a tutti gli esami utili al fine di rilevare possibili infezioni virali. E neppure che «l'inadempimento del personale ospedaliero fu, all'epoca, determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile, e cioè da una causa imprevedibile e inevitabile». Il centro trasfusionale di Mirano non è stato in grado, infatti, di fornire notizie sui donatori del sangue utilizzato per le trasfusioni effettuate in ospedale nel periodo finito sotto esame, in quanto non sono più presenti gli archivi riferiti a quegli anni.
Di conseguenza, secondo il Tribunale, il Comune di Noale è chiamato a rispondere di quando accaduto e, di conseguenza, a risarcire gli eredi della donna infettata e poi morta, assieme al ministero della Salute, responsabile per la «mancata predisposizione degli opportuni controlli sul sangue utilizzato nelle strutture sanitarie».
La sentenza potrà essere impugnata in appello, ma nel frattempo è provvisoriamente esecutiva, e dunque il risarcimento dovrà essere versato.
 

Ultimo aggiornamento: 10:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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