Trapianto di pelle, la nuova frontiera grazie a uno strato prelevato da cadavere

Venerdì 28 Dicembre 2018 di Maurizio Dianese
Trapianto di pelle, la nuova frontiera grazie a uno strato prelevato da cadavere

MESTRE - L'ultima frontiera è la ricostruzione con il trapianto di derma decellularizzato. Ci sono pochi centri in Italia che utilizzano uno strato di pelle prelevato da cadavere per ricostruire la mammella post mastectomia, tra questi l'Istituto nazionale tumori di Milano e la Breast unit dell'ospedale dell'Angelo. La Breast Unit, l'unità specializzata nel tumore al seno dell'ospedale dell'Angelo, diretta dal dottor Guido Papaccio, ha iniziato ad utilizzare questa tecnica rivoluzionaria che ha il vantaggio di evitare ogni possibile forma di rigetto quando il chirurgo fa una ricostruzione del seno dopo l'asportazione del tumore. 
 
TECNICA RIVOLUZIONARIA
Guido Papaccio spiega che le frontiere della medicina e della chirurgia anche nel campo della lotta al cancro al seno stanno alzando ogni giorno l'asticella e ormai il tumore al seno è uno di quelli dai quali si guarisce di più. Ma se il cancro può non rappresentare più un problema, è l'asportazione di parte del seno che crea difficoltà di ordine fisico e psicologico alle donne operate. É per questo che, oltre alla protesi di materiale sintetico, si stanno sperimentando nuove tecniche, e una di queste è appunto il trapianto di pelle prelevata da un cadavere e lavorata al punto da renderla tessuto decellularizzato, trasformando quel lembo di pelle in un supporto completamente naturale. «È chiaro che non è sempre possibile utilizzare questo sistema, ma i trapianti che abbiamo fatto finora sono andati benissimo. E, del resto, ormai ci è chiaro che ogni intervento deve essere personalizzato perché non ci sono due donne uguali e non ci sono due tumori uguali. Ecco perché studiamo in equipe, assieme agli oncologi e agli anatomopatologi, ogni singolo caso e interveniamo volta per volta a seconda delle esigenze della singola paziente». Il concetto ispiratore, comunque, è sempre quello di togliere il meno possibile, cioè di fare interventi che siano il più possibile conservativi. «Solo vent'anni fa si procedeva alla mastectomia perché non c'era altra soluzione e la paziente restava ricoverata per giorni e giorni in ospedale, oggi invece abbiamo a disposizione una gamma molto ampia di interventi per aggredire il tumore e spesso la paziente va a casa in giornata - riprende Papaccio -. Basti dire ad esempio che utilizziamo a volte anche la radioterapia mentre stiamo operando e questo ci consente di avere una precisione altissima. Così come utilizziamo le biopsie eseguite con apparecchio radiologico. Anche questo ci consente di prelevare tessuti in modo tale da circoscrivere con esattezza il tumnore. Certo, è ovvio che tanta attenzione per l'aspetto conservativo ci espone al rischio di un possibile intervento a distanza di alcuni mesi dal primo intervento, ma solo perché il nostro obiettivo è di togliere in meno possibile. Capita nell'8% dei casi che la parte che abbiamo asportato sia troppo piccola, magari di un millimetro e quindi, quando facciamo il controllo della paziente, siamo costretti ad intervenire di nuovo». Daltronde Senonetwork che è la maggiore associazione degli specialisti del settore indica auspicabile un tasso di reinterventi compreso nel 10%.

«BATTERE SULLA PREVENZIONE»
«Non sono recidive, sia chiaro, ma interventi puntuali di ritocco che si risolvono in poche ore di ricovero - prosegue Guido Papaccio -.

Noi operiamo ogni anno circa 700 pazienti: più di 400 a Mestre, un'ottantina a Venezia e una sessantina a Chioggia, sempre con la stessa equipe, secondo il principio che preferiamo spostarci noi invece che sottoporre il paziente a lunghe trasferte. Essere più vicini al territorio vuol dire far funzionare meglio il meccanismo dello screening. Ormai il 70 per cento delle donne si sottopone a mammografia e vediamo aumentare la consapevolezza che bisogna controllarsi. Ma è anche vero che le abitudini di vita, il fumo in particolare, cominciano a pesare in modo molto significativo sulle percentuali di tumori al seno e troviamo anche qualche caso, per fortuna rarissimo, di tumore che insorge in donne molto giovani, sotto i 30 anni. Non bisogna dunque stancarsi di battere sulla prevenzione». 

Ultimo aggiornamento: 17:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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