Le Torri fantasma di Jesolo e i soldi spariti: l'ombra delle caparre in "nero" divide i truffati

Martedì 13 Aprile 2021 di Giuseppe Babbo
Il rendering con due delle torri che sarebbero dovute sorgere in centro a Jesolo
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JESOLO - Nel lotto in cui doveva sorgere c’è solo vegetazione incolta. Alcuni dei pannelli che componevano la recinzione, ormai sbiaditi dal tempo, sono anche crollati a terra. È ciò che resta della la Cross Lam Tower, un buco nero dell’edilizia di Jesolo, una torre di 14 piani con 24 appartamenti, tutti con servizi di prestigio e una metratura media di 100 mq. Un nuovo simbolo per la città delle torri, ma quello che avrebbe dovuto essere l’edificio in legno più alto d’Europa, un’opera di bio-edilizia, presentata pubblicamente nell’autunno del 2018, con il via ai lavori posticipati tra mille scuse, è rimasto soltanto sulla carta.
Stessa sorte per la Greenery, una palazzina che doveva essere realizzata in un terreno di via Pordenone, a poca distanza dalla centrale piazza Drago, con 12 appartamenti divisi su 4 piani poi alzata di un piano e con 15 alloggi. I due progetti però non sono mai stati avviati nonostante le cospicue caparre versate dagli acquirenti. In alcuni casi anche più di 220 mila euro. Almeno 15 le persone truffate, per un ammanco di circa 1,5 milioni di euro. Dichiarate fallite le due società collegate agli interventi, la Urban Bio di Padova e la Mia Re srl di Treviso (per quest’ultima la sentenza è arrivata venerdì scorso), sono due le persone indagate: Fabio Bordin e Sonia Miatton, rispettivamente 55 e 57 anni, marito e moglie, residenti a Treviso, indagati per truffa nonché autoriciclaggio in quanto il denaro versato per le caparre d’acquisto sarebbe stato prelevato dalle due società che si occupavano dell’operazione immobiliare, quindi fatto sparire.
A seguire l’evolversi dell’onda lunga giudiziaria ora sono le famiglie truffate residenti tra Mestre, San Donà e Treviso che avevano versato acconti e caparre. E che ora sperano di poter recuperare almeno una parte degli investimenti. «Il fallimento – ricorda una signora di Mestre che aveva investito la propria  liquidazione – va nella direzione sperata. Ora ci auguriamo che il curatore disponga ulteriori indagini con la Guardia di Finanza in modo da poter recuperare i nostri soldi: noi i versamenti li abbiamo fatti, i lavori non sono mai partiti, da qualche parte i soldi devono essere finiti».
Ed è per questo che tra le famiglie truffate ora viene rilanciata la necessità di nuove indagini. «Noi ci mettiamo a disposizione per quanto possibile – prosegue la donna – chiediamo di proseguire le indagini. Il fallimento una prima giustizia? Questa vicenda ci ha segnato la vita, io con mio marito ho investito i soldi della liquidazione. Altri ancora pensavano di fare un investimento per i figli. Tutto si è trasformato in un incubo».
Ma di fronte a chi chiede di andare fino in fondo per recuperare le somme di denaro finite chissà dove, c’è anche chi ha deciso di voltare pagina, rinunciando a insinuarsi come creditore. «Basta rimetterci altri soldi», è il commento riferito a chi invece vuole proseguire la battaglia legale che oltretutto vedrà il 30 aprile con il processo penale.

Ma è chiaro che tutto sta nelle caparre versate, perché tra chi ha investito i risparmi di una vita e chi invece poche migliaia di euro la differenza è abissale. Oltretutto con un sospetto, ovvero che le tra le somme investite ci sia anche del "nero". E anche per questo ci sarebbe l’intenzione di lasciare perdere per evitare ulteriori conseguenze. Ed è sempre per lo stesso motivo che gli inquirenti non escludono che le persone coinvolte siano di più, anche il doppio.

IL COMUNE
Intanto il Comune, che nel 2018 aveva patrocinato la presentazione della torre di legno, sta valutando se costituirsi parte civile per il danno d’immagine alla città. «È una possibilità – annuncia il sindaco Valerio Zoggia – che stiamo valutando con il nostro legale, lo decideremo nei prossimi giorni». Tutto da definire il destino per il terreno dove doveva sorgere la Cross Lam Tower, sul quale continua a pendere il contenzioso tra i proprietari del lotto e le società che dovevano realizzare l’opera.
Il curatore una volta esaminato tutti i documenti deciderà come procedere anche su questo fronte.

Ultimo aggiornamento: 17:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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