Nel 1930, il tornado sul Montello, l'unico in Europa classificato come F5

Domenica 6 Novembre 2022 di Alessandro Marzo Magno
Una tromba d'aria devasta il Trevigiano
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MONTELLO (TREVISO) - Il tornado più forte d'Europa, da quando sono cominciate le rilevazioni, si è verificato sul Montello, il 24 luglio 1930. La località più colpita è stata Selva, dov'era crollata la chiesa e il campanile si era torto su se stesso, in tutto si sono registrati 24 morti e diverse decine di feriti, ma ha coinvolto anche altre zone del trevisano e del Friuli. L'evento non si è però impresso nella memoria collettiva perché il giorno prima, 23 luglio, l'Irpinia era stata squassata da un terremoto che aveva causato 1400 morti (quello del 1980 ne provocherà oltre il doppio). Ovviamente l'attenzione delle autorità e della stampa era stata catalizzata dal sisma con le sue ben più gravi conseguenze. Il tornado del Montello è stato l'unico in Europa classificato F5, il massimo della scala di misurazione, come gli eventi che si verificano ai Caraibi, tutti gli altri si erano fermati al massimo a F4. In realtà, come spiega Marco Rabito, vicentino, meteorologo Ampro (Associazione meteorologi professionisti), dal 2007 viene utilizzata una nuova scala, che prende in considerazione un insieme più ampio di fattori per classificare l'intensità dei tornado, e quindi quello del luglio 1930 potrebbe venire affiancato da altri eventi. «Comunque rimane uno dei più forti in assoluto», sottolinea Rabito, «ce n'era stato uno simile negli anni Cinquanta nell'Oltrepò Pavese». La Gazzetta di Venezia dell'epoca ci restituisce la portata della tragedia. La prima pagina è dedicata al sisma dell'Irpinia, a pagina due ecco il titolo «Una tromba d'aria devasta il Trevigiano», il catenaccio al di sotto recita: «27 morti e oltre 100 feriti, case distrutte e numerosi capi di bestiame uccisi.

Scene di terrore. La pronta opera di soccorso».

Pochi secondi e la furia del tornado ha devastato il Montello

Il conto definitivo delle vittime, come detto, sarà leggermente inferiore. «Poco prima delle ore 14 di oggi, un turbine spaventoso, di una inimmaginabile violenza, ha devastato una vastissima zona ai piedi del Montello colpendo a morte paesi e campagne, seminando la desolazione e il lutto ovunque al suo passaggio», scrive l'articolo e prosegue spiegando che il vortice si è formato a Venegazzù proseguendo per Selva, Volpago, Giavera, Bavaria, la Schiavonesca, Sovilla, Nervesa, Croce e attraversando il Piave, le località Mandre, Colfosco, Barco, anche in questo caso le prime notizie non sono del tutto precise, perché in seguito si accerterà che il fenomeno è cominciato a Vallà di Riese Pio X e si è esaurito in Carnia, ma senza più particolare violenza, il limite dei danni è stato a Cavolano, frazione di Sacile (però il giornale scriveva Ca' Volano) dove alcuni operai stanno lavorando su un'impalcatura della centrale elettrica Livenza. «La violenza del ciclone strappava dall'armatura sette operai trasportandoli cinquanta metri distante. Essi riportarono ferite più o meno gravi e vennero trasportati all'ospedale di Sacile. Nel suo complesso il vasto e colossale casamento sembra colpito da tiri di artiglieria» e a Sacile stessa dove un albero sradicato in piazza Umberto I ha abbattuto i cavi elettrici causando un'interruzione del servizio. Danni anche nel bellunese (Castion, Ponte nelle Alpi, Polpet, Zumelle).

La tragedia

«Il nembo violentissimo», riporta la Gazzetta di Venezia, «passò come una colonna tetra che oscurò il sole, seminando terrore e morte. Pochi istanti dopo tornava a risplendere il sole» e scrive di «case abbattute o scoperchiate o gravemente desolate, messi distrutte, alberi divelti e lanciati in aria come fuscelli». Ancora: «Sulla strada provinciale verso Susegana i grossi platani, che ad abbracciarli non bastano due uomini, furono divelti a diecine e lanciati a distanza». Il triste primo elenco delle vittime: «A Volpago del Montello: 4 morti raccolti sotto le macerie delle varie case abbattute; la bambina Bon Aurora di anni 6, Parolin Rinaldo di anni 33 con due figlioletti: Natalina di anni 1 e mezzo e Carlotta di anni 8, una trentina di feriti»; a Nervesa quattro morti, due bambini di 5 e 6 anni; a Barco di Susegana 4 morti; a San Fior 3 morti; a Gaiarine 3 morti. Il giornale scrive ovviamente dei soccorsi: «La prima notizia del disastro giunse a Treviso circa alle 14.45 perché il nembo aveva naturalmente distrutto le linee telegrafiche e telefoniche» quindi «tosto partirono da Treviso i civici pompieri colla squadra di soccorso e quindi la Croce Rossa, con due autoambulanze, e militi e più tardi soldati dell'11° Genio». Si aggiungono i pompieri di Montebelluna e Susegana e soldati e camicie nere di stanza a Conegliano. Generali, ufficiali, tutti sembrano precipitarsi sul luogo del disastro. Il giornale riporta una lunghissimo elenco di nomi, tutti con relativi titoli, come si usava allora. In testa l'arcivescovo mons. Longhin, e poi il prefetto nob. Comm. Boltraffio, non mancano né il console della 50a legione della Milizia e nemmeno «tutti i membri del direttorio della Federazione provinciale fascista di Treviso». Vien da pensare alla schiera di camicie nere sgambettanti verso il Montello, probabilmente servita soltanto ad accrescere la confusione. Ma bisognava farsi vedere. Il giorno successivo la Gazzetta di Venezia precisa che la zona colpita è lunga circa 18 chilometri e larga due, con 300 case abbattute e un numero imprecisato lesionate; inoltre si dedica, con littoria retorica, a illustrare la compostezza della popolazione e l'efficienza dei soccorsi. «La popolazione montelliana colpita dallo spaventoso ciclone che ha seminato lutto e desolazione, ha distrutto averi e danneggiato irreparabilmente i raccolti, ha dimostrato vero stoicismo, mantenendo in tanta sciagura calma e ferma fede. Nelle famiglie, anche le più danneggiate, non vi è segno d'abbattimento, ma una fervida attività per il recupero delle cose disperse, per l'aiuto reciproco, fraterno, nel riparare alla meglio le perdite sofferte».

L'esperto

Rabito spiega che fenomeni tanto violenti sono tipici dell'alto Adriatico, e tutto il Veneto centro-orientale è zona soggetta ai tornado. Questo perché il mare e in particolare la laguna di Venezia «forniscono il sovrappiù di calore e umidità indispensabile per rendere più intensi questi fenomeni temporaleschi. Inoltre lo scirocco al suolo carica i temporali dal punto di vista energetico. Sul veneziano convergono anche i venti più secchi che scendono dagli Appennini, cosa che non avviene in Friuli, dove, nonostante la presenza della laguna di Grado questi fenomeni avvengono con meno frequenza». Un po' come con i terremoti, c'è una sola certezza: gli eventi catastrofici si ripeteranno, quando però non si sa. Al contrario di quanto accade con i terremoti, con relativi obblighi di costruzione antisismiche, si fa pochissimi per prevenire le devastazioni dei tornado. Rabito mette sotto accusa i tetti in legno, più leggeri di quelli tradizionali che, se non correttamente ancorati, vengono trascinati via con facilità.

 

Ultimo aggiornamento: 17 Aprile, 21:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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