La Cassazione: Ulss, giusto il tetto allo stipendio dei dg veneti

Venerdì 14 Maggio 2021 di Angela Pederiva
L'ex direttore Ulss, Antonio Padoan
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VENEZIA - Il tetto statale agli stipendi dei direttori generali delle Ulss è legittimo. L'ha stabilito la Cassazione, respingendo il ricorso da 67.000 euro di Antonio Padoan, già dg dell'allora Ulss 14 di Chioggia (ma un contenzioso simile, per altri 361.000, è in corso pure per l'analogo ruolo rivestito alla dismessa Ulss 12 di Venezia). L'ex dirigente chiedeva alla Regione Veneto e all'attuale Ulss 3 Serenissima un aumento per l'incarico svolto dal 2008 al 2011, invocando due delibere dell'epoca Galan, ma si è sentito ribadire che possono bastare i 154.000 euro annui di base fissati dal decreto nazionale.


LA RICHIESTA
Dopo la condanna erariale in primo grado alla rifusione di 1,8 milioni, comminata dalla Corte dei Conti per la vicenda del Centro protonico di Mestre, per Padoan è così arrivata un'altra sconfitta giudiziaria.

La sua richiesta puntava a ottenere l'adeguamento del trattamento economico da dg, in ragione degli aumenti previsti dai contratti collettivi nazionali del comparto sanità per le posizioni dirigenziali mediche e amministrative apicali, ma anche in modo tale da assicurare il mantenimento della proporzionalità rispetto ai compensi dei direttori sanitario, amministrativo e sociale, «in coerenza con il ruolo di supremazia gerarchica ed il diverso grado di responsabilità». Prima il Tribunale e poi la Corte d'Appello, però, avevano respinto la sua domanda. In particolare i giudici di seconda istanza avevano rimarcato come i decreti dei vari presidenti del Consiglio avessero posizionato un limite massimo agli emolumenti, «che nulla autorizzava a ritenere potesse essere variato al mutare della contrattazione collettiva, per il solo fine di assicurare il mantenimento del divario previsto tra il dg e i direttori ad esso sottostanti», ai quali spetta un importo del 70%.


LE MOTIVAZIONI
Anche la Suprema Corte ha condiviso la tesi dei magistrati lagunari, affermando che il sistema prospettato dai dpcm «non prevede alcun automatismo di variazione in corso di rapporto per effetto del modificarsi della contrattazione collettiva dei medici ed amministrativi apicali». Chiosano gli ermellini: «Al di fuori di tale ambito, il dirigente ed i direttori possono soltanto non accettare la nomina, ma non hanno effettivi spazi di libera contrattazione». Di più: «La stipula del contratto (...) ha l'effetto di comportare l'accettazione di quanto indicato nel contratto, anche sotto il profilo delle misure economiche, per l'intera durata (3 o 5 anni) di esso». Quanto alle delibere della giunta Galan, «in mancanza di intervento legislativo regionale, gli atti amministrativi, seppur regionali, non potevano che essere osservanti dell'esistente assetto delle fonti di rango statale», mentre così non è stato.
 

Ultimo aggiornamento: 15 Maggio, 09:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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