Cellula jihadista a Venezia: «Basta parlare al telefono, ci controllano»

Domenica 2 Aprile 2017 di Gianluca Amadori
Un fotogramma dell'irruzione a casa dei kosovari
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VENEZIA - Temevano di essere controllati dalle forze dell'ordine i componenti della presunta cellula jihadista finiti in carcere giovedì. È il diciassettenne del gruppo, il cui fermo è stato convalidato ieri dal Tribunale per i minorenni, ad esplicitare agli amici i suoi sospetti su possibili intercettazioni in atto a loro carico. È la sera del 1 marzo: Dake Haziraj, 26 anni, uno dei tre maggiorenni arrestati, conferma la sua ipotesi, raccontando di aver notato l'eco durante le telefonate con la madre. Fisnik Bekaj, 24 anni, il secondo kosovaro finito in manette, suggerisce di cambiare numero telefonico e di utilizzare Whatsapp, ma il minorenne lo corregge: «L'importante è non parlare al telefono e neppure su Whatsapp», dichiara. Per poi suggerire, comunque, di registrare le schede telefoniche con un nome diverso dal proprio.

FACEBOOK CHIUSO - Nel corso della stessa serata il gruppo discute anche delle cautele da adottare su Facebook. È Bekaj (che ieri è stato interrogato a Treviso e si è avvalso della facoltà di non rispondere) a raccomandare al presunto ideologo, Arjan Babaj, 27 anni, di limitare il suo profilo Facebook agli amici, impedendo l'accesso agli altri. «Alla fine gli toccherà fare... in carcere», conclude...
 
 

Ultimo aggiornamento: 10:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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