Comuni e Regioni non potranno acquistare i crediti fiscali legati al Superbonus, imprenditori veneti in allarme: a rischio migliaia di imprese e famiglie in quella che è la seconda regione d'Italia ad aver usufruito dello sconto fiscale per i lavori di ristrutturazione con 46mila interventi a fine gennaio 2023 per 6,4 miliardi.
Lo stop è stato deciso ieri il Consiglio dei ministri con il varo del decreto sugli incentivi fiscali.
Niente da fare. Il decreto varato ieri dal governo prevede che le pubbliche amministrazioni «non possono essere cessionari dei crediti d'imposta» frutto dell'esercizio dello sconto in fattura o di una cessione. Un'altra norma inoltre abolisce del tutto lo sconto in fattura per i bonus. Diventa quindi sempre più complicato ristrutturare casa in versione green con le agevolazioni del Superbonus 110%. Di fatto, viste tutte le complicazioni con le cessioni del credito al sistema bancario e finanziario, per i nuovi cantieri resta una sola strada: la detrazione. Capienza fiscale permettendo, ovviamente.
LE REAZIONI
La decisione ha gelato l'intero comparto. «È una notizia che ci lascia increduli. Spero non sia vera. Senza soluzioni alternative rischio reazione imprese e cittadini - avverte il presidente di Confartigianato Veneto, Roberto Boschetto -. I 6,4 miliardi investiti fino a gennaio 2023 in Veneto col 110% hanno attivato un valore della produzione totale di oltre 12 miliardi. Da una riparametrizzazione delle ultime stime nazionali, in Veneto, potrebbero esserci 1 miliardo e 400 milioni incagliati "in pancia" a migliaia di imprese». «Il governo sottovaluta il problema, ci possono essere gravissime conseguenze economiche e sociali - denuncia il presidente di Ance Veneto, Paolo Ghiotti -. In gioco a livello nazionale ci sono 15 miliardi di crediti, 25.000 imprese coinvolte e 130.000 operatori a rischio disoccupazione. Il recente incontro con l'assessore veneto al Bilancio Francesco Calzavara aveva dato fiducia e certezze nella volontà di procedere con le acquisizioni dei crediti - afferma Ghiotti -. Il governo bloccando questa opportunità sottovaluta la portata del problema senza aver studiato forme alternative. Così determinerà lo stop dei lavori, con gravissime conseguenze economiche e sociali. Una grave responsabilità politica, vista la consistenza del nostro settore da sempre linfa vitale dell'economia del Nordest». Gli artigiani della Cna parlano di «8 miliardi di liquidità bloccati da mesi che mettono a rischio la sopravvivenza di 40mila imprese della filiera delle costruzioni, provocano il blocco di 100mila cantieri e generano caos e incertezza per un milione di cittadini». «Troppe complicazioni, il Superbonus è uno strumento prezioso ma non ha funzionato al meglio - ricorda il presidente di Cna Veneto, Moreno De Col -. Bisogna farlo ripartire anche in altre forme in funzione oltretutto della direttiva europea sulle case green, tenendo conto di altri parametri: prima casa, reddito proprietari, l'età sicurezza e isolamento degli edifici». Lunedì pomeriggio le associazioni del settore potranno manifestare le loro critiche direttamente al governo nell'incontro convocato a Palazzo Chigi. Ma a essere rimasti di stucco sono anche gli enti locali. Compresi quelli amministrati dal centrodestra. Il governatore della Liguria, Giovanni Toti, ad esempio, a questo punto chiede al governo di individuare «soluzioni alternative».
I NUMERI
«Nella attuale situazione - segnalava uno studio di Unimpresa - servono immediatamente 5 miliardi per evitare il fallimento di migliaia di imprese, in particolare quelle di dimensione più piccola, a corto di liquidità».
Il volume d'affari di tutti i bonus per l'edilizia ammonta a 110 miliardi, 38 miliardi in più (+53%) rispetto ai 72 miliardi stimati in partenza. Il solo Superbonus 110%, secondo i dati Enea al 31 gennaio 2023, sta generando fatturazioni per quasi 72 miliardi, di cui oltre 65 ammessi a detrazione, 29 miliardi in più rispetto a quanto inizialmente stimato. Sono 372.303 i cantieri aperti, la maggioranza riguarda gli edifici unifamiliari (215.000 per un investimento complessivo di 25 miliardi) e le unità indipendenti (106.000 per un investimento che supera i 10 miliardi): in entrambi i casi i lavori sono ormai quasi completati.