Strage dei ragazzi a Jesolo, 8 anni all'investitore ma potrebbe non andare in carcere. Insorgono le famiglie

Giovedì 13 Ottobre 2022 di Gianluca Amadori
Strage dei ragazzi a Jesolo, confermata condanna a 8 anni ma l'investitore potrebbe non andare in carcere. Insorgono le famiglie

VENEZIA - È diventata definitiva la condanna ad otto anni di reclusione per il responsabile del grave incidente stradale che, nel luglio del 2019, costò la vita a quattro ventiduenni di Musile di Piave, Riccardo Laugeni, Eleonora Frasson, Leonardo Girardi e Giovanni Mattiuzzo, e il ferimento della quinta passeggera, Giorgia Diral. Ma se la sentenza, emessa martedì sera dalla Cassazione, non verrà eseguita dalla Procura di Venezia entro oggi, l'imputato Marius Alin Marinica potrebbe non finire mai in carcere.
È per questo che, ieri sera, i familiari delle vittime assistiti dall'avvocato Guido Simonetti, hanno lanciato un appello: «Siamo sicuri che la Procura di Venezia cercherà di risparmiarci l'umiliazione di una così grave ingiustizia e di evitare un precedente gravissimo cui chissà quanti criminali finiranno per appellarsi».

SCONTO DI PENA

Marinica, 30 anni, elettricista di nazionalità romena, ha scontato finora tre anni e tre mesi agli arresti domiciliari e da domani, grazie allo sconto automatico di 45 giorni che tutti i detenuti maturano ogni trimestre, la pena residua scenderà sotto la soglia dei quattro anni che il legislatore ha stabilito essere ostativa all'esecuzione automatica della pena, all'insegna delle misure alternative al carcere. Ciò significa che da venerdì la Procura sarà obbligata a concedere la sospensione dell'esecuzione in attesa che sia il Tribunale di sorveglianza a decidere sul caso. Nel frattempo Marinica potrebbe restare ai domiciliari, dove si trova fin dall'inizio. Il suo difensore, l'avvocato Rodolfo Marigonda, sottolinea che il trentenne si è comportato in maniera ineccepibile ai domiciliari, motivo per cui chiederà alla Sorveglianza l'affidamento in prova. Ovvero l'avvio di un percorso di recupero e reinserimento, sotto la guida delle strutture specializzate, previsto per le pene inferiore ai quattro anni: il legislatore vuole privilegiare le misure alternative e vuole il carcere solo in determinati casi. Normalmente il Tribunale di Sorveglianza, oberato di lavoro, fissa le udienze a distanza di alcuni mesi.
A conclusione del processo di primo grado i familiari delle giovani vittime avevano contestato la sentenza sostenendo che 8 anni sono pochi per un incidente di tale gravità e un numero così elevato di morti.

L'imputato non è accusato di omicidio volontario plurimo, ma di omicidio stradale, e dunque un'ipotesi colposa (di minore gravità), seppure aggravata dalle modalità e soprattutto dalla fuga.

FUORI STRADA

Il tragico incidente stradale si verificò nella notte tra il 13 e il 14 luglio del 2019 in via Pesarona a Ca' Nani, frazione di Jesolo: la Golf condotta da Marinica procedeva ad una velocità di 100 chilometri all'ora (con il limite a 70) e, rientrando da un sorpasso, urtò la fiancata sinistra della Ford Fiesta guidata da Laugeni (che viaggiava a 77 all'ora), facendola finire nel canale, dopo una breve corsa giù per la scarpata. Possibile che i quattro ragazzi siano morti annegati, anche se non c'è certezza poiché la Procura non dispose l'autopsia considerando evidente il nesso causale tra l'incidente e il drammatico epilogo. Dopo l'impatto l'elettricista non si fermò, sostenendo di aver avvertito solo un piccolo urto allo specchietto: in questo modo non è stato possibile accertare se Marinica fosse ubriaco o meno al volante. La sua auto fu individuata la mattina seguente grazie ad segnalazione di una donna che fornì la targa di una vettura che procedeva in modo spericolato: quella del trentenne romeno.

«Non possiamo dire che proviamo soddisfazione per la fine del processo. Nessuna condanna, nessuna pena potrà mai darci una qualche soddisfazione - hanno scritto ieri i genitori delle vittime - La sentenza della Corte di Cassazione avrebbe dovuto mettere la parola fine a questa battaglia e restituirci alla quotidianità del nostro dolore. Speravamo di poter voltare pagina, sapendo che chi ci ha ucciso i figli avrebbe affrontato una pena vera: non importa quanto lunga, ma una pena reale. Ed invece siamo qui a cercare di capire se saremo costretti ad affrontare anche la beffa finale».
 

Ultimo aggiornamento: 14 Ottobre, 20:37 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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