Quei forestieri che hanno fatto grande Venezia: imprenditori e avventurieri che nel 1800 fecero investimenti in città

Mercoledì 10 Agosto 2022 di Alessandro Marzo Magno
Quei forestieri che hanno fatto grande Venezia: imprenditori e avventurieri che nel 1800 fecero investimenti in città
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Quanti imprenditori stranieri a Venezia nella prima metà dell'Ottocento, e quante aziende hanno aperto, alcune in particolar modo gli alberghi esistenti ancora oggi. Si parla di un periodo precedente a quello delle grandi dinastie, per esempio quella di Giovanni Stucky, figlio di uno svizzero del canton Berna, che nel 1884-85 apre alla giudecca il Molino che da lui prende il nome.

Ne ha scritto in un saggio Adolfo Bernardello, storico, già autore di uno dei più importanti libri su Venezia nel Lombardo-Veneto, pubblicato nella rivista Archivio Veneto. «Si tratta di iniziative economiche», scrive Bernardello, «che, pur nella loro autonomia concorrenziale vanno a rafforzarsi o a integrarsi con quelle locali sul piano commerciale, finanziario o industriale. Un processo di lungo periodo che non è azzardato possa aver avuto riflessi di qualche entità nella nascita della Grande Venezia del ventesimo secolo, con il polo industriale di Marghera».


EPOCA DI CRISI
L'epoca austriaca non è l'età dell'oro: crisi e disoccupazione nel 1836, depressione nel triennio 1839-41, nuova crisi negli anni 1846-47 ai quali seguono la rivoluzione e «la pagina più luttuosa» del 1857. Tutto sommato l'ex Dominante, seppur impoverita dalla perdita del ruolo di capitale, conserva una situazione migliore di quella dell'entroterra e «attira soprattutto dalle zone collinari e montuose del territorio veneto, un flusso di manodopera alla ricerca di speranze di sopravvivenza, che si impiega nel garzonato o nel servizio domestico o nel lavoro a domicilio per imprese tessili o vetrarie. In una città che a metà secolo contava all'incirca 115-120 mila abitanti, le fonti di polizia registrano l'arrivo di più di 5.600 operai ogni anno», osserva Bernardello. Oltre a chi arrivava dall'entroterra, a Venezia giungono anche persone da vari territori della monarchia asburgica, i cosiddetti nazionali, provenienti dalla Carinzia, dalla Moravia, dall'Ungheria, si iscrivevano nei ruoli della Camera di commercio con capitali spesso modesti che impiegavano nel settore dell'accoglienza, dai modesti affittacamere agli alberghi per visitatori facoltosi. «Un posto particolare nella storia alberghiera e turistica veneziana fino ai giorni nostri assume il ruolo rivestito dai Bauer», sottolinea Bernardello. La famiglia era originaria di Misslitz, in Moravia (oggi Miroslav, Repubblica ceca). Luigi Lorenzo fu Venceslao nel 1858 conduce una modesta trattoria che dispone di qualche stanza per gli avventori. Nel 1861 apre l'albergo Stella d'Oro che cede dopo due anni per affiancare la sorella Maria che fin dal 1855 conduce a San Moisé l'albergo Italia, con quattordici stanze. Maria sposa in seconde nozze Julius Grünwald, già caffettiere a Mödling bei Wien. L'Hotel Bauer Grünwald diventa presto uno dei più celebri della città, tanto da far concorrenza all'Albergo Reale Danieli. L'albergo ha mantenuto tale denominazione fino a tempi abbastanza recenti, quando una disputa ereditaria ha lasciato soltanto Bauer facendo decadere Grünwald. Per quanto possa sembrare incredibile, la tradizione delle serenate in gondola è nata proprio al Bauer, grazie all'accordo del 1864 tra Julius Grünwald e Louis Stangen, originario di Breslavia, al tempo nel regno di Prussia (oggi Wroclav, Polonia). Le gondole lasciavano l'hotel adornate con palloncini di carta colorati e con suonatori e cantanti a bordo. Centinaia e centinaia di veneziani assiepavano le fondamente per godersi lo spettacolo dei tedeschi che si divertivano ascoltando barcarole cantate in veneziano.
Altro suddito asburgico è il pittore ungherese Josef August Schoeff che reduce da soggiorni in Persia e in India, dove ritrae l'ultimo imperatore Moghul, approda nel 1845 a Venezia dove gestisce vari affari di compravendita e mutui a interesse, compra uno degli alberghi più prestigiosi affacciati al Canal Grande, l'Hotel de la Ville, a palazzo Grassi, e nel 1847 lo rivende al banchiere viennese Simon Sima. Torna a Vienna e a Budapest, si trasferisce negli Stati Uniti e in Messico e muore a Londra nel 1888. L'Hotel de la Ville cambia di nuovo proprietà fino a quando Augusto Barbesi lo cede alle Assicurazioni Generali di Trieste, così come il Grand Hotel Vittoria viene venduto a una società assicuratrice di Trieste e in seguito a una austro-francese. L'albergo Europa fin dal 1818 viene gestito da una famiglia francese, i Marseille. Arnoldo sposa una veneziana e i figli Auguste e Pietro porteranno avanti l'eredità paterna fino alla fine dell'Ottocento.


Uno degli imprenditori più importanti è senza dubbio lo svedese Teodoro Edoardo Hasselquist. Nato a Stoccolma nel 1821, giunge a Venezia nel 1846 con un capitale irrisorio. Nel 1849 dimostra una gran dose di coraggio: in pieno assedio austriaco insedia una fonderia per produrre ghisa e ferro a San Girolamo. Un anno dopo la trasferisce a San Rocco. Nel 1858 Hasselquist lascia e gli subentra l'ingegnere britannico Alfred Henry Neville, la fonderia si specializza nella costruzione di ponti in ferro, settore nel quale i britannici primeggiavano in Europa. Nel 1860 la fonderia Neville con due macchine a vapore, 96 operai (ma nel momento di massima espansione arriverà ad averne 350), orario di undici ore giornaliere produce ogni anno 250 tonnellate di ornati per ponti, tubazioni, sostegni di ghisa per acquedotti e tetti. Costruisce i primi due ponti di ferro sul Canal Grande, dell'Accademia e della Ferrovia, e si ripaga della spesa esigendo un pedaggio da chi li attraversi, oltre a questi la Neville realizza numerosi altri ponti di dimensioni minori, alcuni dei quali esistenti ancora ai nostri giorni. Il toponimo calle de la Fonderia, a San Rocco, ci ricorda il luogo dove sorgeva tale importante impresa metallurgica. Quella di Neville, comunque, non era l'unica azienda di questo genere in città. In fondo a Castello operava la fonderia concorrente: lo stabilimento navale e meccanico del francese Federico Layet che arriva ad avere fino a 180 operai, produce ponti, nonché turbine, macchine e battelli a vapore, fontane.ù


Arrivano a Venezia, dal 1837, i fratelli scozzesi John e Alexander Malcolm, già proprietari della più grande segheria meccanica sul Piave, a Longarone. I Malcolm si erano anche fatti costruire un'elegante villa: sia la villa, sia quel che restava della segheria è stato spazzato via dall'onda del Vajont, il 9 ottobre 1963. In città i fratelli scozzesi si insediano nella zona di San Marziale, e commerciano in legname, carbone e ferro. Gli affari vanno talmente bene che nel 1842 aprono una filiale in Austria, a Trieste. Sono loro a fornire, importandolo dalla Gran Bretagna, binari e materiale in ferro necessari per armare la nuova linea ferroviaria Ferdinandea tra Venezia e Milano, con il relativo ponte translagunare, inaugurato l'11 gennaio 1846.
 

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