Gianluca Merlino, una laurea in Statistica a Padova e poi il palco: il comico mezzo veneto mezzo marocchino che sconfigge il razzismo con una risata

Giovedì 20 Ottobre 2022 di Giorgio Brugnoli
Il comico Gianluca Merlino
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Ironico, pessimista autodichiarato e apprendista comico dalla battuta tagliente. Gianluca Merlino, trent'anni quest'anno, è uno dei volti emergenti della Stand-Up Comedy veneta. Con un albero genealogico che va dal nord Africa al Meridione è un po' «come lo spritz: metà Aperol, metà prosecco». I suoi sketch raccontano di vita quotidiana segnata da appuntamenti con leghiste razziste e inconvenienti per l'aspetto da “narcotrafficante”.

Riderci sopra è la sua arma di difesa ma non ha dimenticato di quella volta che la maestra lo chiamò Mohammed. 

Chi è Gianluca Merlino?

Io sono nato a Dolo, in provincia di Venezia e poi sono cresciuto sostanzialmente a Mestre. I miei si sono voluti spostare a Marcon, che è sempre in provincia di Venezia, e sono stato lì fino a quando mi sono trasferito a Padova per l'università.

In cosa ti sei laureato?

In statistica. Mi è sempre piaciuta la matematica e statistica mi sembrava un buon compromesso tra la purezza della matematica e la realtà delle cose. E poi perché all'inizio pensavo che avrei fatto qualcosa come matematico fisica. Mi sembrava una giusta sintesi.

Quando hai scoperto la passione per la comicità ?

La passione per la comicità in realtà c'è sempre stata perché da bambino mi piaceva vedere già trasmissioni comiche. Poi ho iniziato ad affinare un po' il gusto, verso i 14-15 anni, quando ho iniziato a trovare i video online. C'era un collettivo che che ha iniziato a pubblicare degli spettacoli americani con i sottotitoli in italiano ed era molto figo. Poi mi sono ripreso un po' anche alcuni spettacoli teatrali degli anni 90, che ovviamente non avevo visto per questioni anagrafiche. Il passaggio dal vederlo al farlo è nato da una situazione strana. Non è che a un certo punto ho detto ok, devo fare il comico. In un certo senso è capitato.

E come?

Ho visto che c'era una serata di Stand-Up a Padova. Io ero tornato da poco dall'Inghilterra, dove sono stato un anno per lavoro. Nessun amico era interessato ad accompagnarmi quindi sono andato a vederlo da solo. Mi sono divertito un sacco ed essendo da solo mi sono fermato a fare due chiacchiere con il comico. L'assenza di barriere tra l'artista e il pubblico mi è sembrata fantastica. Poco dopo c'era una serata a microfono aperto e ho detto «ci provo anche io, vediamo come va».Mi sono tolto lo sfizio ed è andata bene. Mi sono trovato molto bene sul palco e la gente rideva.

Per la prima volta cosa avevi portato? Avevi preparato un copione?

Mi ero preparato qualche minuto di monologo, quattro mi sembra. L'argomento era come essere mezzo marocchino e crescere bene.

Che è un po' uno dei temi principali che affronti...

A me piace il fatto di portare se stessi, quindi cerco di scrivere o di pensare alle tematiche da affrontare anche in base a quello che è il mio vissuto. Non è il mio argomento principale ma insomma non ci sto lontano.

Gianluca Merlino in uno scatto di Elena Rachuk

E come si vive da mezzo marocchino in Veneto?

I miei nonni paterni sono siciliani. Per me mio padre è sostanzialmente siciliano, nonostante sia nato a Venezia e mia madre è marocchina, di Rabat. In Marocco non vado spesso nonostante abbia una trentina di zii e cugini. Da bambino a un certo punto mi hanno spronato a smettere di parlare in arabo, intuendo fosse un buon modo per far smettere la gente di prendermi in giro. Crescendo non avevo voglia di tornare in Marocco, però, perché mi tornava tutto questo: riaffiorava questa situazione. Poi negli anni la cosa è scemata e l'ho vista come un'occasione persa. Ora non ho il tempo e la logistica per rimettermi ad impararlo.

Poi parli anche di scelte di vita sbagliate, quali sono?

Ma quello è un po' un modo di generalizzare, il dove cerco di prendere le mie idee per un dibattito nel tempo specifico. Se c'è qualcosa che che facciamo e ce ne vergogniamo, trovare il modo di sintetizzato per portarlo sul palco può essere uno modo per sconfiggere le proprie vergogne.

Il passaggio da laurea statistica a comico come è avvenuto?

Io continuavo a fare dei lavoretti. Poi comunque è cambiato tanto con il lockdown: facevo la magistrale però non riuscivo più a stare dietro al tutto. Prima della pandemia lavoravo in un albergo a Venezia come receptionist, ho perso il lavoro e sono stato in cassa integrazione. Hanno venduto l'albergo e per un po' non è stato semplice trovare lavoro. L'unica cosa su cui potevo tirare avanti era girare un po' e fare qualche serata, conoscere altri comici più che altro per imparare. E quindi per forza di cose mi sono trovato a fare molti video in rete.

La tua famiglia ti sprona o non la considera una professione?

Non la vedono come una professione al momento però loro mi supportano un sacco, sono al 100% al mio fianco, anzi un paio di volte sono anche venuti a vedere delle serate. Naturalmente farebbe molto piacere anche a me arrivare a una copertura e anche una bravura tale da potersi permettere di farlo come un'unica occupazione. Che poi è un peccato perché se ci pensi se non fai qualcosa di ribelle verso i propri genitori, allora non sei un'artista. Invece no, a me è andata andata di culo.

Hai ricevuto critiche?

La maggior parte delle critiche che mi fanno è che sono volgare. In realtà mi sembra che non mi rappresenti, non uso tante parolacce. Criticando un po' l'ambiente razzista, menzionando anche la Lega, pensavo si sarebbero arrabbiati di più e invece nessuno mi ha mi ha minacciato o mi ha accusato di chissà.

Com'è l'attuale panorama italiano della Stan-up Comedy? Come siamo messi a confronto con l'estero?

L'Italia è il posto giusto in cui essere in questo momento. Hai una scena in crescita quindi c'è sempre più fermento, c'è sempre più interesse e le occasioni ci sono. Per andare all'estero dovrei riformulare tutto, perché cambiando la lingua io sconsiglio di tradurre pedissequamente quelli che sono i nostri monologhi, in più cambia ovviamente tutto il contesto sociale. Il Veneto secondo me è messo molto bene tra le regioni. Per quanto riguarda le serate, la stampa e la pubblicità in generale. È un po strano perché sì, se ci pensi fino a poco tempo fa nella comicità televisiva ce ne sono stati pochi e molto stereotipati. Verrebbe da dire, andava molto la caricatura del Veneto. Quella stessa cosa sta cambiando e in più ci sono tanti locali che stanno iniziando a dare degli spazi. Mi muoverei forse verso Roma ma solo perché offre più possibilità.

Ricordi un momento in cui ti è pesato essere metà marocchino?

In realtà non è un ricordo diretto perché me l'ha dovuto raccontare mia madre. La maestra d'asilo mi chiamava Mohammed davanti a tutti gli altri bambini: una piccola goccia pesante quanto un'incudine. Mia mamma l'ha saputo dalla madre di una mia compagna che le aveva raccontato la vicenda.

E adesso? Nel 2022?

La problematica si è spostata su altre persone e io in questo momento sono in una situazione profondamente privilegiata. Da un lato perché ho i documenti italiani, dall'altro perché parlo normalmente o comunque non desto sospetto subito. A inizio anni 90 la maggior parte dell'immigrazione era dall'Est. Si faceva la guerra in Iugoslavia e quindi in realtà di africani e nordafricani c'erano molto poco. Adesso ovviamente sono cambiate le situazioni. Rimane comunque di fondo il non fidarsi del marocchino però oggi chi è più diverso è il più denigrato. Quindi la situazione è un po' strana perché vorrei far risaltare quella tematica lì però non sono più uno degli “ultimi” in un certo senso e quindi ho un po' di timore che magari possa essere travisato il discorso.

Ultimo aggiornamento: 22 Ottobre, 10:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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