Banda dei furti, sospeso il reddito di cittadinanza alla capoclan dei Sinti

Venerdì 15 Maggio 2020 di Davide Tamiello e Nicola Munaro
La casa Ater dove vive la famiglia in località Passetto di Cavarzere
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VENEZIA - Una prima misura è arrivata dal giudice: la sospensione del reddito di cittadinanza. Bruna Hodorovich, 44 anni, leader della banda di sinti specializzata in furti che, secondo l’inchiesta dei carabinieri e della procura di Venezia, aveva accumulato oltre cento colpi per un bottino da mezzo milione di euro, non potrà più (almeno per ora) far conto su quei 900 euro mensili di sussidio. La decisione del gip Massimo Vicinanza è arrivata ieri al termine dell’interrogatorio di garanzia in tribunale a Venezia: il magistrato ha infatti firmato un’ordinanza di sospensione del contributo statale, come previsto dalla stessa legge sul reddito. 

Furti e razzie della banda sinti, la boss aveva casa popolare e reddito di cittadinanza

CASA POPOLARE Mentre non dovrebbero esserci risvolti penali per quanto riguarda la residenza della donna in una casa Ater del comune di Cavarzere. Ovvero, la procura non aprirà un’indagine sull’assegnazione dell’alloggio popolare (sancita con ordinanza dal Comune di Cavarzere nel 2004), anche perché sulla questione sembrano esserci pochi dubbi: i requisiti reddituali, stando ai parametri dell’epoca, c’erano. «Il nucleo familiare della signora Hodorovich - spiega Ater in una nota - vive in un alloggio di 46 metri quadri con nove assegnatari (più tre ospiti non autorizzati) in un appartamento composto da soggiorno, cottura, due camere e bagno». Quindi, in 12.
Tra questi, fino a poco tempo fa, anche il figlio della donna e del marito, Diego Fulle, 45 anni, il figlio Patrik e la ex moglie, la ventenne che aveva subito violenze e minacce perché si era rifiutata di rubare e di entrare nelle batterie criminali organizzate dai suoceri (questo nonostante Comune e Ater avessero rigettato la richiesta di aggiungere altri tre elementi per evitare situazioni di ulteriore sovraffollamento). È stata dalla denuncia della giovane, riuscita a scappare, che è partita l’inchiesta. 
Ater, dopo gli arresti, si è attivata con le verifiche del caso e ha predisposto una richiesta di sopralluogo alla polizia municipale del Comune di Cavarzere per «monitorare la situazione nel palazzo e scongiurare eventuali situazioni di illegalità, come ad esempio l’occupazione abusiva di alcuni locali». L’Ater di Venezia attende l’esito del procedimento giudiziario per intraprendere qualsiasi azione nei confronti di Bruna Hodorovich. «C’è da dire che non abbiamo avuto problemi di morosità - precisa il presidente Ater Venezia Raffaele Speranzon - hanno sempre pagato il canone. In più, anche ci fossero state le condizioni, non sarebbe stato possibile eseguire lo sfratto, data la presenza di minori. Aspetteremo e valuteremo il da farsi, anche perché al momento non è possibile procedere altrimenti perché per l’emergenza sanitaria sono stati bloccati gli sfratti fino al 30 giugno». 
La legge prevede che l’unico reato che può far decadere il diritto all’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica è l’occupazione abusiva con sentenza di condanna passata in giudicato o «l’aver adibito un alloggio a luogo di attività illecite».
IN SILENZIO Gli interrogatori di ieri mattina hanno seguito un’unica linea: l’avvalersi della facoltà di non rispondere. Così hanno fatto Diego Fulle e Bruna Hodorovich, i figli Gesovel Fulle, 22 anni e Patrik Hodorovich, 27 anni, tutti difesi dall’avvocato padovano Danillo Taschin. Il legale si è riservato la possibilità di fare ricorso al Riesame, una volta letti i cinque faldoni che compongono la spina dorsale dell’inchiesta coordinata dal pm Giorgio Gava. Si è avvalso della facoltà di non rispondere anche Hicham Benaicha, 44 anni, marocchino, residente a Noventa Padovana (Padova) e difeso dall’avvocato Alessandro Compagno. Bocca cucita, infine, anche per Emanuel Levacovic, 23 anni di Mestre, assistito dalla penalista Stefania Pattarello, «Vogliamo capire gli elementi sui quali viene contestata l’associazione a delinquere che secondo noi non c’è - spiega il legale - Sì, c’è un a legame di tipo familiare, ma non è sufficiente per dimostrare che c’erano una serie di mezzi destinati ad attività illecita, ruoli e spartizione di proventi.

Penso faremo Riesame: è incensurato, avevo chiesto i domiciliari dai nonni, dove potrebbe vivere in un contesto diverso». Richiesta sulla quale il gip Vicinanza si è riservato.

Ultimo aggiornamento: 09:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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