Scolmatore, a un mese dall'annegamento del bimbo non è cambiato nulla

Sabato 17 Novembre 2018 di Alvise Sperandio
Lo scolmatore del Rione Pertini a Mestre
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MESTRE Tutto come prima. Un mese dopo la morte del bambino ritrovato annegato nel canale scolmatore, al quartiere Pertini niente è cambiato. Quel corso d’acqua che arriva da Bissuola e va verso Campalto, è ancora privo di protezioni e resta un pericolo potenziale per chi dovesse caderci dentro. Cosa ci vuole a mettere una rete? È necessario un intervento che permetta di salvare le vite, tuona don Natalino Bonazza, parroco del Corpus Domini.
 
Quella tragica sera del 19 ottobre scorso era stato tra i primi a essere avvertito di quanto si era consumato nel canale artificiale che corre lungo via Carrer. Un piccolo di 4 anni appena, affetto da autismo e ospite con la mamma della casa famiglia Santa Chiara che si trova nell’edificio a fianco della chiesa del rione, era scappato alla vigilanza di tutti. Qualche ora dopo, il suo corpicino era stato rinvenuto senza vita nell’acqua, nel tratto che sbuca in viale Vespucci, dopo che i soccorritori avevano notato le sue ciabattine galleggiare.
NESSUN CONTATTO
«Ci fanno sapere che il canale non può essere tombato per la sicurezza idrica della città, ma è possibile che ancora non sia stato fatto nulla»?, s’interroga don Bonazza che già all’indomani della tragedia aveva chiesto a grande voce alle istituzioni preposte d’intervenire. «Sulla questione è calato il silenzio, nessuno ci ha contattato quanto meno per un confronto – riprende il sacerdote – È grave che qui nessuno si assume le sue responsabilità. Spesso, purtroppo, l’indifferenza diventa l’anticamera della disgrazia». Facendo una ricognizione sul posto si constata che lungo quel canale d’acqua in questo mese non è stata messa alcuna barriera sul lato che dà verso la strada, dove l’argine erboso declina rischiando, peraltro, di dare la rincorsa a chi scendesse di là.
PALIZZATA DIVELTA
Sull’altro lato, invece, quello che costeggia la camminata sul bordo del bosco dell’Osellino dove c’è il monumento alla memoria del prosindaco Gaetano Zorzetto, la palizzata è distrutta in più punti, soprattutto a ridosso dei ponticelli pedonali, molto frequentati, dove anche il ciglio è cedevole. Così, i pericoli restano dietro l’angolo per tutti: per un adulto e, a maggior ragione, per un bambino. Pochi giorni dopo quel maledetto 19 ottobre, l’Istituzione Bosco e Grandi Parchi, presieduta da Giovanni Caprioglio e competente sul verde che circonda lo scolmatore e sulla stessa palizzata che al lato pratico resta comunque più che altro un elemento estetico, aveva installato dei cartelli per mettere in guardia sulla possibilità di cadere in acqua. «Per il resto, tutto tace. Si era parlato di un possibile incontro congiunto, ma al momento non c’è nessuna convocazione», commenta laconico il coordinatore del comitato di quartiere Giorgio Rocelli.
ARGINI FUORI NORMA
Chi dovesse finire dentro il canale rischia di non avere scampo – la caduta fu fatale già nel 1986 a Marina Rioda e nel 1987 a Franco Dori, poi nel 2004 anche a Omar Stefani – perché le sponde a 90 gradi in cemento armato non consentono di risalire. «Stiamo studiando le regole del Piano territoriale di coordinamento che la Regione di una trentina d’anni fa, perché a quanto ci risulta l’inclinazione dovrebbe essere inferiore e soprattutto, anziché il cemento, si dovrebbero usare altri materiali, ad esempio i mattoni che consentirebbero di arrampicarsi per mettersi in salvo. Il canale è precedente, ma evidentemente doveva essere sistemato», spiega Giampaolo Rallo, presidente dell’Interclub service cittadino annunciando un documento in merito da sottoporre a chi di dovere.
Alvise Sperandio
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Ultimo aggiornamento: 15:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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