«600 milioni di lire per la tua vecchia casa», ma lui disse di no: così è nato il tempio della sopressa

Domenica 8 Aprile 2018 di Vittorio Pierobon
Il caveau e i maestri della sopressa
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Il caveau è protetto da un sistema d'allarme e da un robusto lucchetto di cui hanno le chiavi solo tre persone. All'interno c'è il tesoro del Club Cinque Archi: decine e decine di sopresse e salami appesi alle cinquecentesche travi in legno del sottotetto. Siamo in mezzo alla campagna, al confine tra le province di Padova e Venezia, Barbariga di Vigonza. Il luogo è suggestivo, un'antica masseria benedettina risalente al 1550, rimasta così com'era salvo i restauri conservativi, che era stata abitata dai coloni che lavoravano i campi per conto dei monaci. È un luogo fuori dal tempo. Un Club esclusivo per soli uomini, ma niente di pruriginoso. Si ritrovano per mangiare, bere, giocare a carte e parlare tra amici. Per lo più piccoli e medi imprenditori, molti legati al mondo calzaturiero della Riviera del Brenta, tutti accomunati dalle origini contadine e dall'amore per la propria terra, che non hanno mai tradito.

Il gran sacerdote di questa enclave nel tempo è Franco Tacchetto, che tra quelle antiche pareti è nato il 20 dicembre nel 1937. Era la casa di famiglia, anzi delle famiglie: nonni, figli, nipoti, zii, cugini. In tutto 23 persone, una sorta di tribù contadina, come era tipico di quegli anni. Il progresso pareva destinato a segnare la sorte anche di Ca' Tacchetto, uno alla volta i nipoti e pronipoti se ne sono andati, preferendo un appartamento in condominio con il bagno in casa, alle fredde stanzone promiscue scaldate a legna e carbone. Anche Franco ne ha fatta di strada, ma non dimentica la prima casa, come il ragazzo della via Gluck. Scuole serali e tanto spirito di sacrificio lo portano a fare una bella carriera alla Sava, colosso dell'alluminio nella Marghera del boom industriale: da fattorino a dirigente. «Alla fine ero io, senza nemmeno il diploma racconta divertito che selezionavo gli ingegneri da assumere». Poi, quando il gruppo svizzero è andato in crisi, si è messo in proprio realizzando un'azienda con un centinaio di dipendenti. Ora coi soldi può comperare la prima casa, per dirla come Celentano. E Tacchetto ricompra la vecchia masseria, ma della famiglia nessuno ne vuol sapere di tornare a vivere in quel rudere fuori dal mondo. E' buona solo per trovarsi in compagnia con i vecchi amici che nel frattempo, chi più chi meno, hanno fatto tutti fortuna. La svolta arriva agli inizi dell'anno 2000. «Un imprenditore lombardo mi offriva 600 milioni di lire per la casa e i 18 campi di terra. Ero deciso a mollare tutto, sono stati gli amici a farmi cambiate idea: facciamo una società e compriamola noi». E' nato così il Club dei Cinque archi. L'altra idea vincente è stata il matrimonio con il maiale, l'animale simbolo della civiltà contadina. Da alcuni anni era nata la sfida della sopressa, una gara itinerante tra gli ultimi maestri dell'arte norcina. L'idea era stata di Alfio Menegazzo, corrispondente del Gazzettino dalla Riviera del Brenta, attento cronista, ma anche profondo cultore delle tradizioni popolari. Il Club Cinque Archi è divenuto la sede della gara, ma soprattutto il tempio della sopressa veneta.

Un anno di lavoro per un giorno di gloria. I maestri della sopressa (10 e ormai avanti con gli anni) preparano tutto con la massima cura. ... «Il giorno della gara, la tensione è altissima racconta Tacchetto i maestri ci tengono moltissimo al trofeo. La giuria è formata da docenti di scuole alberghiere ed esperti di gastronomia. La proclamazione avviene davanti a centinaia di persone, perché in quell'occasione il Club apre le porte a tutti. E naturalmente salumi a volontà». Ma la sopressa è solo il pretesto, il collante, per tenere unito questo gruppo di amici che si ritrova con frequenza al Cinque Archi per festeggiare compleanni, anniversari o solo giocare a carte. Con una regola da rispettare: pensare a chi ha di meno. La solidarietà è principio basilare: c'è una cassa comune con offerta libera, ma generosa. Chi perde a carte paga pegno: 5 euro in beneficenza. E alla fine sono migliaia gli euro che annualmente vengono devoluti in iniziative di solidarietà, generalmente per aiutare bambini, compresi quelli di Chernobyl.

Poi Tacchetto mostra con orgoglio i cimeli di famiglia e la... residenza estiva delle sopresse. «D'inverno le teniamo appese nel sottotetto - spiega - quando comincia a fare caldo le spostiamo nella caneva più aerata». Tutti i maestri hanno diritto a lasciare i propri insaccati in custodia al Club. A loro volta i soci annualmente macellano 4-5 maiali che vengono interamente trasformati in sopressa: è la scorta minima per garantire a chiunque arrivi una buona fetta di insaccato. Un solo cruccio per Tacchetto e il suo successore, Marcellino Doni: «Nel Club non c'è ricambio generazionale. I più giovani tra noi sono sopra i sessanta. Stiamo cercando di aprire alle nuove leve. Ora tutti navigano in Internet. Temiamo che tra qualche anno anche le sopresse arriveranno con... Amazon».


 
Ultimo aggiornamento: 10 Aprile, 10:19 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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