Appalti Fincantieri: a meno di 7 euro l'ora, nei guai dieci caporali albanesi: sfruttavano 400 operai

Mercoledì 7 Aprile 2021 di Davide Tamiello
Appalti Fincantieri: a meno di 7 euro l'ora, nei guai dieci caporali albanesi: sfruttavano 400 operai
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VENEZIA - La soglia della dignità è di 7 euro l'ora. Lordi, ovviamente. Questo il limite, stabilito dagli investigatori del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Venezia, oltre il quale si passa dal lavoro allo sfruttamento. Il contesto è, ancora una volta, quello delle piccole imprese in subappalto a Fincantieri, quello che a novembre 2019 aveva visto esplodere il primo filone di inchiesta legato al fenomeno della paga globale. Ieri le fiamme gialle lagunari hanno eseguito 10 ordinanze cautelari, firmate dal gip Andrea Battistuzzi, per altrettanti imprenditori riconducibili a due famiglie albanesi di Mestre, che gestivano sette aziende di carpenteria metallica.
Piccole, ma non tanto, visto che alle dipendenze di queste imprese ci sono 400 persone. Tra queste, i finanzieri hanno appurato appunto 77 casi di sfruttamento. Ai domiciliari sono finiti Elvisa Hasaj, 37 anni, Gezim Hasaj, 66 anni e Gezim Sufaj, 50 anni. Divieto di dimora nella municipalità di Marghera (e di assumere incarichi direttivi imprenditoriali) invece per Valmira Sufaj, 38 anni, Sema Hasaj, 60 anni, Nexhmije Hotaj, 64 anni, Dritan Sufaj, 45 anni, Fatjeta Sufaj, 36 anni, Afrim Xhafa, 29 anni. Questi dieci, difesi dagli avvocati Matteo Lazzaro, Arianna Salvalaio, Damiano Danesin, Tommaso Bortoluzzi e Riccardo Vianello, erano a capo delle aziende finite nel mirino della procura: alla Gazzera la Alf Service Srl (Valmira Sufaj, Gezim Sufaj, Dritan Sufaj), la Carpent Marine Srl Valmira Sudaj, Gezim Sufaj, Dritan Sufaj), la Gma Srl (Nexhmije Hotaj, Valmira Sufaj, Gezim Sufaj, Dritan Sufaj) e la K2 Srl (Fatjeta Sufaj, Dritan Sufaj, Afrim Xhafa, Valmira Sufaj, Gezim Sufaj), in Corso del Popolo la Dieffe Group Srl (Gezim e Sema Hasaj), la Gvek Srl (Elvisa Hasaj) e la H&S Marine Srl (Helvisa Hasaj). Con lo stesso provvedimento è stato disposto il sequestro preventivo tra beni e conti correnti per un totale di 1,3 milioni.

IL SISTEMA
Anche questo filone di indagine è nato dalle dichiarazioni dell'ex ufficiale della finanza Angelo Di Corrado, indagato a piede libero in questa operazione insieme al padre Bruno e ai due professionisti Sara Dolo e Francesco Zullo. Il nocciolo dell'indagine si basa appunto sul meccanismo della paga globale: il lavoratore viene cioè retribuito, a prescindere dalle previsioni del contratto nazionale di categoria del settore, con una paga oraria forfettaria, regolarizzata mediante la predisposizione di documentazione contabile solo formalmente regolare. Praticamente in busta veniva certificato un determinato compenso per rispettare gli standard imposti da Fincantieri, ma poi al dipendente veniva corrisposto un importo di gran lunga inferiore, aggiungendo voci fittizie. Bastava annotare un minor numero di ore, un (fasullo) anticipo di tfr o qualche compenso aggiuntivo. Il personale non aveva scelta, e gli imprenditori lo sapevano: la leva, infatti, era il permesso di soggiorno. Senza contratto, senza impiego, per loro non è possibile rinnovarlo. Pagando così poco, ovviamente, il margine di guadagno restava alto. Per abbassare la pressione fiscale, si appoggiavano a delle società che fornivano false fatture. Fra queste, appunto, la Ma Consulting Srls e la Abaco Srls che facevano capo ai Di Corrado.
Tra i sequestri alle due famiglie albanesi 8 immobili a Mestre (3 appartamenti, un villino e altre strutture per un totale di 900 mila euro) partecipazioni societarie, polizze assicurative, orologi di lusso (Rolex, Cartier, Hermes), una Porsche Cayenne, oltre al denaro nei conti correnti di indagati e società.

IL BILANCIO
L'inchiesta paga globale, nell'ultimo anno e mezzo, ha portato complessivamente a 62 indagati. Nei mesi scorsi, seguendo un filone investigativo parallelo, i finanzieri hanno effettuato un altro maxi sequestro per un totale di circa 475mila euro nei confronti di 4 società gestite da cittadini bengalesi che avevano attuato lo stesso meccanismo. Questi imprenditori, per far validare gli ingressi sul posto di lavoro utilizzavano una macchina identica a quella in funzione sul posto di lavoro. Con questa timbravano a posteriori i cartellini di ingresso/uscita degli operai dal cantiere, falsificando gli orari per allineare i dati delle ore lavorate con quelli segnati nelle buste paga. Anche in questo caso è emersa una frode all'Erario con false fatture (per consulenze tecniche o lavori di carpenteria) per oltre 1 milione di euro.
 

Ultimo aggiornamento: 8 Aprile, 12:07 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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