Dai dinosauri al set con le baby squillo, Giacomo ora punta al cinema

Domenica 16 Ottobre 2022 di Vesna Maria Brocca
Giacomo Mazzariol

TREVISO - Largo all'immaginazione, al potere delle parole che spiazzano, turbano, scuotono. Al cinema lontano dall'intrattenimento. A sguardi che spingano a «riflettere o addirittura a sconvolgere». Come Antonioni, Pasolini, Bunuel, Godard. Come Shakespeare, Kafka, Pavese, Borges. A 25 anni Giacomo Mazzariol ha le idee e punti di riferimento chiari. Lo scrittore e sceneggiatore di Castelfranco, esploso con il best seller Mio fratello rincorre i dinosauri, diventato poi film con Alessandro Gassmann e Isabella Regonese, e con il più recente Gli Squali (entrambi editi da Einaudi), sceneggiatore per Netflix nella serie Baby, tre stagioni sullo scandalo delle giovani prostitute del Parioli, non smette mai di cercare. «Bisogna sapersi reinventare, bisogna sempre imparare cose nuove - spiega il giovane autore atteso martedì 18 (alle 17.30) alla biblioteca di San Tomà, a Venezia, ospite del cartellone In _touch. Incontri altamente reattivi- e io, da autodidatta, dedico molte ore allo studio».

E cosa ama?
«Mi piace leggere.

Borges, Kafka, Pavese, il poeta Ginsberg, anche Kundera. Mi piaccciono i romanzi di formazione, come Il giovane Holden, Altri libertini di Tondelli. Essere autodidatta mi permette di variare molto, di avere una formazione personale e appassionata. Considero la letteratura un modo per capire e approfondire la vita. Che gli autori cercano di mordere ma senza afferrare del tutto. Cerco più punti di vista. Sono sempre in fase di scoperta».

Tutto è iniziato da un video diventato virale, The simple interview con suo fratello Giovanni, su cui è centrato Mio fratello rincorre i dinosauri, poi è arrivato il film di Cipani, quindi Gli squali e poi la serie Baby.
«Già: per me è stata una cosa abbastanza naturale perché comunque mi piaceva scrivere: sono andato nella direzione che volevo. Di fatto ho avuto un'occasione importante e l'ho sfruttata, mi ha permesso di fare il grande salto».

Gli squali è un romanzo più maturo, racconta il salto di un ragazzo dalla provincia alla città che dopo aver inventato un'applicazione finisce a Roma nel mondo delle start up.
«Sono partito da una base autobiografica, poi ho inserito una critica al mondo digitale e capitalistico: un mondo in cui giovani sono messi in fila a far parte di una realtà in cui tutto sembra nuovo ma invece è solo vestito a nuovo. Ho appena letto il libro di Byung-Chul Han, Nello sciame, che espone tutte le criticità, che poi diventano negatività, del mondo digitale. Ecco, io volevo suggerire una riflessione, ma anche raccontare la forza inarrestabile, ingenua e dirompente della gioventù che comunque si misura con una grande fragilità».

Quale?
«I giovani di oggi, gli squali, sono sì pieni di mezzi, ma rischiano di essere omologati, di perdere contatto con la realtà, di disgregare le comunità. Volevo parlare di questo, tra realtà e finzione. Da un lato il lavoro che assorbe tutto, e dall'altro le relazioni umane. Due mondi, uno di solitudine e uno di comunità. In un momento di passaggio dall'adolescenza».

Da Castelfranco a Roma in un momento cruciale di crescita. Com'è stato il passaggio?
«Roma è una città in cui l'antichità si respira. Una magia. Un grande impatto, tanto che non ti sembra una città vera e propria. Allo steso tempo però brulica di forza, è la capitale, c'è una grandissima offerta culturale, ci sono l'industria del cinema, l'editoria e il giornalismo che spingono forte, e sicuramente questo mi ha dato carica, una svegliata».

Che l'ha spinta nel lavoro di sceneggiatore.
«Abbiamo formato il collettivo Grams, ci siamo incontrati tra creativi. Ma io avevo cominciato un po' prima nella sceneggiatura del film Mio fratello rincorre i dinosauri. Mi piace molto lavorare in gruppo, ma adoro il set, la sua energia».

Baby racconta lo scandalo delle prostitute del Parioli.
«È nato con quell'intento: un progetto certo controverso, legato all'attualità, ma per me letteratura e cinema devono parlare anche di storie normali da far vivere a persone che non le vivrebbero mai».

Le piace la serialità televisiva?
«L'approccio seriale è una novità di ultimi 20 anni: fa sicuramente più spettatori del cinema, ma mi chiedo se generi davvero una riflessione. In giro vedo di più intrattenimento. Certo, l'esperienza di Baby mi è piaciuta moltissimo, ma in questo momento sono in ricerca di altro».

Sta lavorando al nuovo romanzo?
«Non ancora. Vorrei muovermi più nel cinema della sperimentazione. Ma ultimamente la proposta culturale cinematografica non mi soddisfa molto, sono alla ricerca di risposte più profonde».

    

Ultimo aggiornamento: 17:13 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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