Il caso delle sentenze già scritte. Salvini al ministro Bonafede: «Intervieni»

Mercoledì 15 Luglio 2020 di Gianluca Amadori
Il ministro della Giustizia Bonafede
1

VENEZIA - È diventato un caso di rilievo nazionale quello denunciato dai presidenti delle sette Camere penali del Veneto che, lunedì, hanno scritto al ministro della Giustizia chiedendogli di inviare un'ispezione urgente in Corte d'appello a Venezia, per effettuare accertamenti su alcune bozze di alcune sentenze che, secondo la loro denuncia, erano già state scritte, con tanto di condanna e indicazione dei termini di deposito delle motivazioni, prima ancora che avvenisse la discussione tra le parti.
Due componenti laici del Consiglio superiore della magistratura, Stefano Cavanna (Lega) e Alberto Maria Benedetti (M5S), hanno chiesto al Comitato di presidenza del Csm di Aprire una pratica per «effettuare un'approfondita istruttoria» e «conseguentemente, accertare l'eventuale sussistenza di fatti e/o condotte rilevanti nell'ambito delle competenze del Consiglio, nonché al fine di adottare le iniziative meglio ritenute».
Il leader della Lega, Matteo Salvini, ha sollecitato il ministro della Giustizia ad agire: «Bonafede, se ci sei batti un colpo - ha dichiarato ieri - Serve una riforma profonda del sistema, anche per non mortificare la stragrande maggioranza dei magistrati che lavorano con passione e serietà». Commentando l'iniziativa degli avvocati penalisti del Veneto, Salvini ha dichiarato che quello segnalato è «l'ennesimo episodio che macchia la credibilità della Giustizia, già messa in discussione dalle intercettazioni contro la Lega e contro Berlusconi».
I penalisti veneti nel frattempo precisano che la loro iniziativa non ha intenti polemici, né di attacco alla magistratura, ma al contrario «ha l'obiettivo di difendere l'istituto del processo e tutelare anche quei tanti giudici che credono nel processo», ha spiegato ieri il presidente della Camera penale veneziana, Renzo Fogliata, portavoce dei colleghi che hanno sottoscritto la lettera al ministero. «Ciò che è accaduto è una violazione inaudita dell'istituto processuale e umilia il lavoro dei giudici e crea sconcerto nei cittadini che hanno il diritto di essere giudicati da magistrati senza preconcetti. Ho ricevuto decine di telefonate di colleghi indignati e increduli, ma anche di clienti che ora al processo si presenteranno non certamente sereni».
«CHIEDIAMO CHIAREZZA»
«I penalisti veneti hanno assunto una iniziativa che vuole semplicemente portare chiarezza su quanto occorso: una chiarezza che ci pare essere nell'interesse non solo dei cittadini ma, soprattutto, dei giudici della Corte. La legalità processuale, la pari dignità di tutte le parti del processo ed il prestigio della nostra Corte d'Appello sono valori che non possiamo permetterci di esporre a sospetti di sorta», ha aggiunto il vicepresidente della Camera penale veneziana, Simone Zancani.
Gli avvocati hanno voluto anche replicare alle spiegazioni fornite lunedì dalla presidente della Corte, Ines Marini, secondo la quale il documento spedito via pec ad un avvocato e gli altri 6 inseriti nel fascicolo di altrettante udienze in calendario lo scorso 6 luglio non erano sentenze scritte prima della discussione del processo, ma semplici bozze di lavoro, rese pubbliche per errore: la decisione su quei casi sarebbe stata presa in camera di consiglio, come previsto, dopo aver ascoltato accusa e difesa.
DECISIONE ANTICIPATA«Stimiamo la presidente Marini e sappiamo che non c'entra nulla, ma quelle sono sentenze già scritte, come risulta evidente a chiunque le abbia lette - ribadisce l'avvocato Fogliata - Riportano il nome dell'imputato, ricostruiscono i fatti e riportano le valutazioni del giudice relatore. Offende, peraltro, la circostanza che nella bozza fosse indicato un termine di 60 giorni per il deposito delle motivazioni, quando le motivazioni erano in realtà già state scritte...»
A riprova del fatto che di sentenze precompilate si tratti, i penalisti citano la frase utilizzata dal collegio giudicante nell'ordinanza con cui, il 6 luglio, dopo le proteste degli avvocati e del sostituto procuratore generale di udienza, per disporre il rinvio dei processi, motivato con il fatto che era stata «trasmessa alle parti una relazione scritta in cui il relatore esprime elementi di valutazione anticipatori della decisione».
Il giudice che presiedeva il collegio giudicante, Luisa Napolitano (giudice relatore Giulio Borella, a latere Michele Medici) ha ritenuto di non rilasciare alcuna dichiarazione. Sull'accaduto ha fatto una dettagliata relazione al presidente della prima sezione della Corte, Francesco Giuliano, il quale a sua volta ha spiegato alla presidente della Corte che non è stata adottata nessuna decisione sfavorevole agli imputati e che, in conseguenza dell'errore del relatore, si è proceduto alla sua sostituzione.
Nei prossimi giorni spetterà al ministero della Giustizia se la vicenda meriti o meno l'invio degli ispettori.
Gianluca Amadori
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Ultimo aggiornamento: 18:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci