Religione, genitori separati e in disaccordo: sull'ora di lezione a scuola dovrà decidere il giudice

Venerdì 10 Marzo 2023 di Angela Pederiva
Ora di religione a scuola, chi decide in caso di genitori separati?

Se i genitori separati sono in disaccordo, spetta ai giudici prendere una decisione sull'ora di religione dei loro figli. L'ha deciso la Cassazione, rinviando alla Corte d'Appello di Venezia il caso di una bambina che secondo il padre dovrebbe seguire la lezione e stando alla madre invece no.

La scelta dovrà essere fatta «sulla base del preminente interesse del minore», a prescindere dalle convinzioni di papà e mamma, anche perché non si tratta di catechismo, bensì di un'occasione di «multiculturalismo», mirata per gli alunni «alla comune ricerca di premesse per una dimensione spirituale da coltivare nei modi che matureranno, singolarmente».

Religione cattolica a scuola


Protagonista della vicenda è una famiglia che, fino alla crisi coniugale, non aveva impartito una particolare educazione cattolica, tanto che in precedenza la bimba aveva frequentato la scuola materna paritaria, ma non l'ambiente parrocchiale né la messa settimanale. Dopo la separazione, era scattato il collocamento presso la madre. Tuttavia nel 2021 il Tribunale aveva stabilito che fosse il padre a decidere sull'ora di religione.

Ora di religione a scuola, chi decide in caso di genitori separati?


Dopodiché nel 2022 la Corte d'Appello aveva ribaltato il verdetto: «Il diritto del padre di educare la figlia secondo le proprie convinzioni non prevale sul diritto della madre a non impartire un'educazione religiosa sino a quando la figlia non potrà compiere una propria scelta». In secondo grado era stato infatti ritenuto che «non spetta a un giudice sostituirsi ai genitori nello stabilire se un'educazione religiosa possa garantire - come ritiene il padre secondo le sue convinzioni - una crescita "sana ed equilibrata"», in quanto le scelte in materia di religione sono «insindacabili».


La sentenza della Cassazione


Ma ora la Cassazione ha smontato questa prospettiva, affermando che il giudice, «come soggetto super partes, è chiamato espressamente, in via del tutto eccezionale, a ingerirsi nella vita privata della famiglia, adottando i provvedimenti relativi alla prole, in luogo dei genitori che non siano stati in grado di comporre i propri dissidi ideologici e le correlate convinzioni e di stabilire, di comune accordo, le linee educative». In questo modo la decisione non resta arbitraria, «ma deve essere assunta secondo un criterio stabilito dalla legge, quello dell'esclusivo riferimento al superiore interesse, morale e materiale, del minore coinvolto, nel caso concreto in esame». Il faro dev'essere il «preminente interesse del minore ad una crescita sana ed equilibrata», il che può «comportare anche l'adozione di provvedimenti contenitivi o restrittivi dei diritti individuali di libertà religiosa dei genitori», se questi rischiano di determinare «conseguenze pregiudizievoli per il figlio, compromettendone la salute psichica e lo sviluppo». Il collegio lagunare avrebbe quindi dovuto verificare, piuttosto, «quale fosse l'impegno richiesto dall'iscrizione all'ora di religione» e «quali fossero i bisogni della minore», in relazione al suo interesse «ad avere una continuità socio-ambientale nel campo scolastico, in cui si svolge, per la gran parte del tempo quotidiano, la sua sfera sociale ed educativa».

Se la bambina era troppo piccola per essere ascoltata in un'aula giudiziaria, i giudici avrebbero comunque dovuto «procedere ad un'osservazione», eventualmente anche attraverso uno psicologo, «al fine di meglio comprendere quali fossero le effettive esigenze» da lei manifestate: per capire, ad esempio, «se le mancava la frequentazione dell'ora di religione insieme alla classe» e come vivesse il tempo «in cui non era impegnata in tale attività scolastica». Una tipologia di lezione che, ricorda la Suprema Corte, nel tempo ha cambiato il suo «statuto pedagogico», attualmente «sempre più orientato non già all'adesione ad un credo religioso specifico ma al confronto con il momento spirituale della religiosità, al punto che qualcuno, al riguardo, parla dell'"ora delle religioni"». Del resto, conclude la Cassazione, «la crescita del multiculturalismo nelle scuole spinge proprio nella direzione di un esame complessivo del fenomeno religioso, senza particolari gerarchie». Tenendo conto di questi paletti, ora la Corte d'Appello dovrà riesaminare il caso e prendere da sé la decisione su cui i genitori si scontrano.

Ultimo aggiornamento: 17:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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