Baita, il "signore" del malaffare:
«Mose? È stato pagato il doppio»

Venerdì 8 Luglio 2016 di Maurizio Dianese
Piergiorgio Baita
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VENEZIA - Il primo e unico vero processo sul Mose è entrato nel vivo con la deposizione di Piergiorgio Baita, ex amministratore delegato della Mantovani e genio del male. Baita è infatti l’uomo che ha portato a livello di perfezione quel sistema Mose inventato da Mazzacurati – ma che secondo Baita esisteva anche prima di Mazzacurati - che ha sottratto alle casse pubbliche almeno un miliardo di euro. Finora si è parlato del più grande scandalo della storia della Repubblica italiana basandosi su verbali di interrogatorio e carte processuali, ma sentire la ricostruzione che ne fa l’uomo della Mantovani è un altro paio di maniche perché Baita si dimostra un incantatore di serpenti anche in Tribunale. Non sbaglia una virgola, non perde mai l’aplomb  , spiega e rispiega, chiarisce e puntualizza con la pedanteria di un ingegnere. E mette in riga anche gli avvocati difensori che pensano di poter cogliere in contraddizione uno che ha la memoria di Pico della Mirandola e la capacità di eloquio di Cicerone. Uno che questo sistema lo ha vissuto in prima persona ed è in grado di spiegarlo anche a chi non distingue la retrocessione dei capitali dalla retrocessione della squadra di calcio del cuore. 

Conteggia Baita: «Le opere del Mose in sé non sono costate più di 3 miliardi e mezzo di euro» e siccome il conto totale che andremo a pagare sarà invece di oltre 6 miliardi di euro, vuol dire che si poteva risparmiare la metà dei soldi spesi. Del resto basti dire che la Corte dei conti chiede 61 milioni di euro ai vari imputati del Mose solo basandosi sulle spese per i sassi che servivano a formare le lunette alle bocche di porto. E, dunque, se si pensa che ogni appalto era maggiorato del 30 per cento e che anche sulla maggiorazione il Consorzio Venezia Nuova prendeva comunque l’aggio del 12 per cento, chiaro che si arriva a una cifra astronomica.
E Baita dice chiaro e tondo nell’aula del Tribunale di Venezia che il sistema Mose lui lo ha trovato bell’e pronto ed era già una macchina studiata per rubare. Studiata a tavolino dai politici di allora – Dc e Psi, con la complicità del Pci – visto che metteva soldi pubblici in mano a un privato, al quale dava mano libera su tutto. «Il Consorzio veniva pagato solo per esistere». E dunque non si può pretendere che si suicidasse da solo finendo l’opera, tant’è che «Mazzacurati voleva anche la manutenzione, il Consorzio avrebbe tirato avanti per altri 30 anni». Del resto, «il Mose Dio ce l’ha dato e guai chi ce lo tocca», diceva Mazzacurati a Baita. Al quale aveva spiegato subito che bisognava pagare.
E il Consorzio pagava tutti o quasi. Alcuni se li comprava proprio, di altri comprava la benevolenza. E via un milione di euro di qua e un altro milione di là, tanto erano soldi di Pantalone. L’affare più sporco però resta quello delle bonifiche di Porto Marghera perché il Ministero dell’ambiente assegna i lavori al Consorzio – avrebbe dovuto fare un appalto europeo – all’unico scopo di far avvicinare alla mangiatoia una ditta di Roma, la Socostramo, legata ad Alleanza nazionale e in particolare al ministro Matteoli. «Mazzacurati ci ha detto che o facevamo entrare la Socostramo oppure non prendevamo i lavori». 
E sulle bonifiche si apre un capitolo più inquietante delle mazzette dal momento che «il Direttore generale del Ministero, Mascazzini, era subordinato a Erasmo Cinque, il proprietario della Socostramo». Erasmo Cinque non solo incassava senza lavorare, «ma ogni volta che c’era un problema chiamava Mascazzini e quello correva». E, dunque, che bonifiche sono state fatte a Marghera visto che nessuno ha controllato, a cominciare dal Ministero per finire con il Magistrato alle acque, organo primo di controllo locale i cui presidenti erano però a libro paga di Mazzacurati? Che doveva essere un libro paga grande come la Bibbia, visto la quantità di soldi che il Consorzio ha distribuito nel corsod egli anni.
Ma Baita dice di più e cioè che, senza il Consorzio, il Mose sarebbe già finito e sarebbe costato la metà. Così come sostiene che, senza Consorzio, anche le bonifiche di Porto Marghera sarebbero state completate e senza essere costretti ad andare alla ricerca, oggi, di altri 250 milioni di euro per completare il marginamento dei canali. Insomma Baita punta il dito accusatore sul Consorzio Venezia Nuova, «che era un centro di interessi proprio, che non aveva alcun vantaggio a chiudere l’opera» e dunque il Mose avrebbe fatto la fine della Salerno-Reggio Calabria, l’avrebbe trasformata in un cantiere infinito.
Il processo riprende il 15 settembre. Sarà di scena di nuovo Baita e poi Claudia Minutillo, l’ex segretaria di Giancarlo Galan. Poi entrambi dovranno affrontare il giudizio per corruzione. Probabile che puntino a patteggiare la pena anche se qualcuno degli avvocati difensori degli altri imputati sostiene che la Procura sta aspettando che si arrivi a ridosso della prescrizione, che scatta a fine 2017. Sarebbe un modo per gratificare chi, come Baita e Minutillo, ha smantellato il sistema Mose con le sue dichiarazioni. E siccome, ben che vada, questo processo si concluderà nel 2017, facile che Baita e Minutillo abbiano appena il tempo di patteggiare una condanna a qualche mese prima di essere fuori del tutto dal tritacarne dei processi. E soprattutto dei sequestri dei beni, che i tre testimoni principali della Procura, Baita, Mazzacurati e Minutillo, per ora hanno salvato.
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Ultimo aggiornamento: 9 Luglio, 08:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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