VENEZIA - A casa per motivi di salute. Del resto era da tempo che Silvano Maritan, 76 anni compiuti in febbraio, doveva farsi operare un paio di ernie al disco, ma per un motivo o per l’altro era sempre stato costretto a posticipare.
AI DOMICILIARI
Adesso, complice anche la necessità di sottoporsi ad intervento per una cataratta, ha chiesto e ottenuto di andare ai domiciliari almeno fino alla conclusione dell’intervento e della riabilitazione. E così Maritan è tornato nella sua città e il suo riaffacciarsi in pubblico non è passato inosservato. Lui per quasi una settimana è rimasto tappato in casa, ma poi è stato costretto ad uscire per comprarsi le medicine e per le cibarie. Lo hanno visto in giro in bicicletta ed è circolata la voce che fosse tornato definitivamente in libertà. Per adesso invece si tratta di una libertà provvisoria e molto condizionata visto che non può uscire di casa quando vuole, ma solo per provvedere alle necessità vitali. E non può frequentare esercizi pubblici come bar e ristoranti oltre a non poter frequentare pregiudicati. E questo fino alla fine dell’iter sanitario, che si preannuncia complicato visto che devono inserirgli un paio di placche d’acciaio nella spina dorsale. Ma è anche vero che, vista l’età, è molto probabile che non finisca di scontare quei 14 anni che si è preso per l’omicidio di Alessandro Lovisetto, avvenuto nel 2016 proprio in centro a San Donà.
LA DROGA
Comunque dei 14 anni inflittigli per l’omicidio Lovisetto, Maritan finora ne ha scontati la metà, ma forse non tornerà dietro le sbarre dove peraltro è rimasto finora per 41 dei suoi 76 anni, soprattutto per spaccio di sostanze stupefacenti. Del resto Silvano Maritan è l’uomo che ha inventato lo spaccio di cocaina nel litorale veneziano. I suoi uomini iniziarono ad inondare le discoteche di Jesolo e Lignano, le spiagge di Caorle e Bibione di polvere bianca già agli inizi degli anni ‘80 e Maritan era talmente potente da aver addirittura costretto a suo tempo Felice Maniero a comprare la cocaina da lui. Maritan era forte infatti di un contatto diretto con la camorra napoletana per via di Domenico “Mimmo” Celardo, campano residente a San Donà di Piave, dove aveva messo in piedi una ditta edile, aprendo la strada alla penetrazione del clan dei casalesi di Eraclea. Tant’è che il figlio di Celardo si trova imputato proprio nel processo dei casalesi in corso in aula bunker a Mestre. Nella spartizione del territorio Maritan si era tenuto lo spaccio di cocaina, mentre Luciano Donadio si era buttato sul business dei cantieri edili prima di aprirsi alle truffe e alle estorsioni, alle rapine e all’usura. Maritan era rimasto sul “suo” e nella sua carriera criminale ha trattato chili di cocaina senza mai dispiacersene “perché la coca piace alle donne e non fa male a nessuno”, diceva. E la vendetta degli dei per questa spavalderia era arrivata proprio con Lovisetto il quale aveva trovato nella cocaina la forza di aggredire il boss. Maritan in compenso a suo tempo non aveva voluto entrare nel business dell’eroina che era il punto di forza invece di Felice Maniero al quale il boss di San Donà era comunque rimasto legato. A Maniero e ancor di più alla madre, Lucia Carrain, che gestiva il business della droga quando il figlio Felice era in carcere. Era lei il punto di riferimento della banda e anche di Silvano Maritan che, comunque, di suo ha sempre mantenuto il profilo da plenipotenziario della banda del Brenta nel Veneto Orientale. Comprensibile dunque che a San Donà di Piave sia tornata l’inquietudine per il ritorno a casa di Silvano Maritan, nonostante l’età e gli acciacchi di salute siano tali da potersi, probabilmente – anche se non con certezza - considerare chiusa un’epoca.