Marcato: «La crisi non ci voleva. Zaia? Spero non vada a Roma»

"Se il centrodestra vincerà le elezioni per Luca ci sarà assolutamente uno spazio al governo"

Venerdì 22 Luglio 2022 di Angela Pederiva
roberto marcato
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Per la Lega a Nordest è il giorno del silenzio. «Ma è anche Il giorno della marmotta, ha presente il film?», dice Roberto Marcato, alludendo alla pellicola in cui uno scorbutico meteorologo rimane intrappolato in un circolo temporale, per cui ogni giornata si ripete identica a quella precedente. L'assessore regionale allo Sviluppo economico, uomo forte della Liga Veneta, prende la parola nell'imbarazzo generale dopo che i presidenti Luca Zaia in Veneto e Massimiliano Fedriga in Friuli Venezia Giulia si sono spesi inutilmente per la prosecuzione del Governo di Mario Draghi: «Bisogna prendere atto di alcuni elementi che danno la misura della fragilità del sistema-Paese».


Quali?
«Primo: l'incomprensibile suicidio politico di Giuseppe Conte, che come un santone americano porta al massacro tutta la sua squadra.

Comportandosi da perfetto cecchino, di fatto ha azzerato il Movimento 5 Stelle. Secondo: l'ingenuità di Mario Draghi, la kryptonite di un premier messo là come super uomo assoluto con poteri straordinari. Anche un bambino capiva che i Cinquestelle non avrebbero mai votato un provvedimento che conteneva il termovalorizzatore di Roma, non posso credere che non lo sapesse anche lui: cosa pensava, che la politica avrebbe fatto un passo indietro rispetto all'ideologia?».


A staccare la spina di Palazzo Chigi però è stata la sua Lega, insieme a Forza Italia, unendosi a Fratelli d'Italia. Da leghista non si sente a disagio, dopo che fino all'ultimo ha sostenuto con Zaia la necessità di chiudere i cruciali dossier aperti?
«Da assessore confermo quanto ho dichiarato nei giorni scorsi: questa crisi per le nostre imprese non ci voleva. Ad esempio eravamo in dirittura d'arrivo per la firma sulla Zls in due aree strategiche come Porto Marghera e il Polesine, mentre ora occorrerà ricominciare tutto daccapo. Oppure, con la bolletta energetica alle stelle, andiamo verso un autunno in cui dovremo accendere il riscaldamento senza vedere traccia di autosufficienza rispetto alla Russia. Sono molto preoccupato per il tessuto produttivo del Veneto».


Appunto: quindi non si sente pure un filo imbarazzato?
«C'è l'aspetto amministrativo. Ma c'è anche il piano politico: nel momento in cui Conte ha commesso la follia di mandare in crisi il Governo, la Lega con il resto del centrodestra ha chiesto di immaginare un percorso senza chi ha tradito il mandato, ma Draghi ha detto no. A quel punto non c'erano più i margini per trovare altre vie: rischiavamo di dare l'impressione che, pur di rimanere là, avremmo accettato tutto».


Eppure c'è chi, come i ministri azzurri Mariastella Gelmini e Renato Brunetta, ha criticato apertamente la linea del proprio partito. Non poteva farlo anche Giancarlo Giorgetti?
«Ma per carità. Siamo sicuri che quella di Gelmini e Brunetta sia stata coerenza istituzionale? Non è che per caso si è trattato di attaccamento alla poltrona? Personalmente la loro reazione mi sembra dettata più dalla rabbia per aver perso il posto».


Zaia e Fedriga escono indeboliti dalla scelta della Lega?
«No. I nostri governatori avevano l'obbligo amministrativo ed etico di rappresentare i territori, con tutta la loro preoccupazione per gli effetti della crisi. Poi però gli eventi sono precipitati. Amen».


Se il centrodestra vincerà le elezioni, Zaia andrà a Roma?
«I numeri dicono in maniera chiara e netta che vincerà il centrodestra. Probabilmente il premier non sarà Giorgia Meloni, per non scatenare tensioni internazionali, ma comunque una figura indicata da lei. In questa compagine credo che potrebbe esserci assolutamente spazio per Luca. Starà a lui decidere se accettare o no. Per la stima che ho nei suoi confronti, preferirei che il presidente rimanesse in Veneto perché qui è più incisivo, mentre sappiamo quanto ingovernabile sia questo Paese».


La base leghista è più delusa per la mancata autonomia, o più contenta per le elezioni imminenti?
«Non possiamo nasconderci che sull'autonomia non è stata fatta la battaglia della vita in questa legislatura. E il mancato raggiungimento di questo obiettivo, scritto nel Dna dei veneti, è un problema per il consenso della Lega in Veneto. Quanto alle elezioni, andiamo al voto per fare che cosa? Se è per portare a casa l'autonomia, la riduzione drastica di tasse e burocrazia, il piano energetico per l'autosufficienza, l'attuazione del Pnrr, bene. Se invece tutto questo casino serve solo a formare un Governo debole come quelli visti finora, allora siamo davvero al giorno della marmotta».
 

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