Ramusio, geografo-umanista fu ambasciatore della Serenissima

Lunedì 14 Giugno 2021 di Alberto Toso Fei
Illustrazione di Matteo Bergamelli

Fu un umanista capace di interpretare il tempo in cui visse, a cavallo di 400 e 500; fu un diplomatico al servizio della Repubblica e un geografo. In quest'ultima veste, fu l'autore del primo moderno trattato geografico. Giovanni Battista Ramusio fu questo e molte altre cose: conoscitore di diverse lingue, uomo dalla profonda cultura e portatore di fini doti diplomatiche, fu inviato dalla Serenissima come ambasciatore presso diverse corti europee.

Tra le sue permanenze all'estero, è rimasta celebre quella presso il re di Francia Luigi XII, durante la quale si interessò alle esplorazioni francesi in America del Nord. Attraverso la sua rete di informazione riuscì a ottenere in forma riservata i resoconti dei viaggi dell'esploratore Jacques Cartier, inviato in “Nuova Francia”, così come era chiamato allora il Canada. Sfruttando la sua abilità nel tracciare mappe riuscì, avendo a disposizione le sole descrizioni, a far comporre una mappa della colonia di Ville-Marie, destinata a diventare Montréal.

Nel frattempo la sua ascesa politica e amministrativa fu velocissima: a soli trent'anni divenne Cancelliere della Repubblica per rimanere al servizio dello Stato per 52 anni (e divenire nel 1553 segretario del Consiglio dei Dieci). Fu anche amico e collaboratore del doge Alvise Mocenigo (del quale era stato segretario quando questi era ambasciatore), che gli richiese mappe dettagliate di tutti i nuovi porti commerciali e si fece dipingere da lui, negli appartamenti di Palazzo Ducale, una carta geografica con tutti gli scali del Mediterraneo. In quegli anni la Serenissima era molto interessata anche alla via marittima delle Americhe, vista come un possibile sbocco per i commerci, messi in pericolo dall'avanzata ottomana.

Giovanni Battista Ramusio era nato a Treviso il 20 luglio 1485, primogenito di sei tra fratelli e sorelle (alcuni morti in tenerissima età) di un magistrato al servizio della Repubblica, Paolo Ramusio, e di Tomaris Macachiò. Si formò a Padova, dove fu discepolo del filosofo Pietro Pomponazzi, e anche una volta intrapresi i suoi doveri d'ufficio non tralasciò mai i suoi interessi umanistici e scientifici: collaborò con Aldo Manuzio e fece parte dell'Accademia Aldina (Manuzio nel 1514 gli dedicò “l’Institutio oratoria” di Quintiliano). Fu amico di alcuni esponenti di spiccò della scena culturale veneziana e veneta, come Andrea Navagero, Pietro Bembo e Girolamo Fracastoro.

La sua opera più importante, alla quale ancora oggi è legata la sua fama, è il “Delle navigationi et viaggi”, una monumentale compilazione storico-geografica (unanimemente ritenuta il primo trattato geografico dell'età moderna), pubblicato in tre volumi e sei tomi a Venezia nella stamperia di Tommaso Giunti tra il 1550 e il 1606 (il secondo volume uscì postumo). 2787 pagine – dedicate all'amico veronese Girolamo Fracastoro – che riuniscono una cinquantina di memoriali di viaggi e di esplorazioni dall'antichità classica fino al presente di Ramusio, da Marco Polo ad Amerigo Vespucci. Nell’insieme, le parti legate alle esplorazioni e ai viaggi dei veneziani svolgono una consapevole glorificazione di Venezia e del ruolo esercitato nei secoli dalla Repubblica.

L'idea di comporre questo trattato gli venne quasi certamente quando nel 1550 ebbe l'incarico di prendere contatti con il navigatore Sebastiano Caboto, allora a Londra, per convincerlo a mettersi al servizio della Serenissima. Ramusio raccolse molte delle descrizioni di viaggio di Caboto (il suo nome compare in un dispaccio di Peter Vannes, ambasciatore inglese a Venezia, come persona “della quale Caboto ha fiducia”). Il “Delle navigationi” contiene anche documenti dei quali è rimasto unica fonte: per esempio vi è riportato l'antico manoscritto della “Conquête de Constantinople” di Geoffroy de Villehardouin sulla quarta crociata, portatogli nel 1541 dall'ambasciatore Francesco Contarini di ritorno da una missione presso Carlo V.

Fece testamento il 25 aprile 1557 nominando erede universale il figlio Paolo, avuto nel 1532 da Franceschina Navagero, sposata nel 1524 e morta vent'anni prima, nel 1536.

Morì a Padova il 10 luglio 1557.

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