Franco Basaglia, lo psichiatra che abbattè i muri dei manicomi

Lunedì 30 Agosto 2021 di Alberto Toso Fei
Franco Basaglia ritratto da Matteo Bergamelli
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Fino al momento dell'entrata in vigore della legge che porta il suo nome, la cura psichiatrica era fatta di cancelli e serrature, legacci e camicie di forza, docce gelate ed elettroshock. Poi vi fu un ante-Basaglia e un post-Basaglia, e dal 13 maggio 1978 l'approccio con il disagio mentale fu diametralmente spostato verso il rapporto umano e le terapie farmacologiche, facendo ritornare i “matti” a essere persone bisognose di assistenza e non problemi da isolare e nascondere. Ma Franco Basaglia non vide il compimento della sua opera: morì improvvisamente un paio d'anni più tardi, e parte della sua riforma rimase inattuata in alcune regioni.

Ma dove fu attuata completamente ha dimostrato di funzionare.

Colui che è considerato lo psichiatra italiano più influente del XX secolo nacque nella casa di famiglia a San Polo, secondo di tre figli di Enrico Basaglia e di Cecilia Faccin, l'11 marzo 1924, e dopo la maturità al liceo Marco Foscarini si trasferì a Padova per studiare medicina; erano gli ultimi anni di guerra e, denunciato da un compagno di corso come antifascista, trascorse alcuni mesi nel carcere della Repubblica Sociale. Dopo la fine del conflitto completò gli studi, laureandosi nel 1949 ma seguendo anche interessi diversi dalla medicina, come la filosofia esistenzialista di Jean-Paul Sartre o Martin Heidegger, che ne influenzò moltissimo la formazione. Entrò anche a far parte del Partito Socialista. Nel 1953 si specializzò presso la clinica neuropsichiatrica di Padova e – in quello stesso anno – si sposò con Franca Ongaro e ebbe il suo primo figlio Enrico, seguito da Alberta l'anno successivo. Ottiene la docenza nel 1958, ma non durò molto: il mondo accademico gli fu ostile.

Così tre anni più tardi si trasferì a Gorizia con la famiglia per prendere la direzione dell'ospedale psichiatrico. E se oggi a noi sembra accettabile che in una casa di cura si possa dipingere e recitare, l'idea di allestire laboratori di pittura e di teatro in un luogo fatto di oppressione e violenza, nel quale le persone vegetavano e si potevano perfino dimenticare i motivi del ricovero di pazienti presenti da decenni, fu dirompente, ma non facile. E la strada di Franco Basaglia, sempre supportato dalla moglie Franca e da un gruppo di amici (psichiatri, intellettuali e operatori sanitari convinti delle sue posizioni) fu comunque in salita. Nel 1968 scrisse con Franca Ongaro “L'istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico”, nel quale fu raccontata per la prima volta a un pubblico vasto la condizione manicomiale. La svolta avvenne nel 1971, quando Basaglia ottenne l'incarico di direttore dell'ospedale psichiatrico di Trieste e alcune delle sue idee – per esempio la creazione di una cooperativa di lavoro tra i pazienti in modo da permettere loro svolgere lavori riconosciuti e retribuiti – iniziarono a fare breccia nell'opinione pubblica e nelle istituzioni.

Nel 1973 Trieste divenne “zona pilota” per l'Organizzazione mondiale della Sanità, in relazine ai servizi di salute mentale. Attorno alle sue idee iniziò a formarsi una base medica e intellettuale solida; Dario Fo e l'artista Vittorio Basaglia, fra gli altri, diedero apporti fondamentali alla crescita del progetto di Franco Basaglia, che fondò la società “Psichiatria Democratica”, con l'idea di riformare dall'interno il mondo della cura della malattia mentale. Viaggiò, tenne conferenze, diede forza alla sua visione riformatrice: “I valori assoluti che ci sono stati sempre proposti – scriveva in quel periodo – hanno agito, nella loro irraggiungibilità e disumana perfezione, come strumento di dominio attraverso il gioco della colpa in chi non riesce a realizzarli, e come addestramento al compromesso e all'accettazione della propria impotenza negli ostinati che tentano di farlo”. La sua azione portò all'approvazione, il 13 maggio 1978, della legge 180 di riforma psichiatrica, la “Legge Basaglia”, seguendo i cui dettami i vecchi manicomi sarebbero dovuti essere sostituiti da strutture “leggere”.

Lasciata Trieste per Roma, Franco Basaglia manifestò nella primavera del 1980 i primi sintomi di un tumore cerebrale che non gli lasciò scampo. Morì il 29 agosto 1980 nella sua casa di Venezia e riposa con la moglie Franca sull'isola di San Michele. La sua legge 180 è ancora in vigore e regola l'assistenza psichiatrica in Italia.

Ultimo aggiornamento: 13:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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