Il bibliofilo Cicogna: i suoi 40mila volumi donati ai veneziani in cambio di un vitalizio

Lunedì 12 Aprile 2021 di Alberto Toso Fei
Emmanuele Antonio Cicogna

La sua opera più nota è senza dubbio la mastodontica edizione in sei volumi “Delle Inscrizioni Veneziane”, che redasse tra 1824 e il 1853, e costituisce ancora un caposaldo di memoria storica e visiva di quanto appare inciso in città. Ma Emmanuele Antonio Cicogna scrisse – tra le altre sue opere, più di cento – anche il “Saggio di bibliografia veneziana”, e si circondò di libri nel corso dell'intera esistenza: circa 40mila volumi, che assieme a cinquemila manoscritti cedette in tarda età al Comune di Venezia in cambio di un vitalizio per sé e le sue sorelle e oggi sono conservati nella Biblioteca del Civico Museo Correr.

Nativo di una famiglia di origine candiota trasferitasi prima a Malvasia – Monemvassìa, nel Peloponneso – e poi a Venezia, dopo la conquista ottomana di Creta, Emmanuele Cicogna nacque in parrocchia dell'Anzolo Rafael il 17 gennaio 1789 da Giovanni Antonio Cicogna e Elisabetta Bortolucci. Rimasto presto orfano di madre (il padre si risposò qualche anno più tardi con Anna Colpo, che gli diede altri 7 figli), Cicogna seguì il genitore in Friuli, prima ad Aviano, poi a Udine e infine a Spilimbergo, proseguendo presso i barnabiti gli studi che aveva iniziato in laguna con l’abate don Antonio Venier, allora ritenuto tra i migliori precettori privati di Venezia.

Tornò in città solo nel 1808 per impiegarsi come “alunno di concetto” presso la corte d’appello, il primo gradino di una carriera giudiziaria non troppo esaltante, essendo privo di laurea.

Ma Emmanuele Antonio fu capace di accontentarsi, nella vita. I grandi stravolgimenti non facevano per lui. Perché nel frattempo era accaduto di tutto: la Serenissima era caduta e c'era già stato un primo avvicendamento tra francesi e austriaci. Ma Cicogna sembrò sempre impermeabile a qualsiasi fremito risorgimentale: “Io non porto alcun partito – scrisse nel 1814 – ché non v'è cosa più sciocca di quella di dichiararsi apertamente; io sono del sole che luce e servo il sovrano che mi dà da mangiare”.

Una visione molto modesta della vita, che trascorse da quel momento interamente a Venezia diviso tra lo scrupoloso adempimento dei suoi doveri negli uffici giudiziari e la dedizione esclusiva agli studi storici. Semplicemente, da un certo momento in poi, scelse di vivere nella Venezia del passato; ma non senza coltivare almeno una passione: quella per i libri, che salvò e curò amorevolmente: il collasso della Repubblica aveva prodotto spoliazioni di opere d'arte, trafugamenti in biblioteche e archivi, alienazione di interi patrimoni cartacei – ma non solo – che erano finiti dispersi in vendita sulle bancarelle.

Cicogna dedicò così tutto il suo tempo, le sue conoscenze e le sue energie per acquistare, catalogare, descrivere e riordinare libri, manoscritti, opuscoli, medaglie, epigrafi, tombe, quadri e qualsiasi altra cosa legata alla storia della Serenissima che sarebbe stata altrimenti destinata alla rovina, o nel migliore dei casi all'oblìo. Nel fare questo agì con metodo impiegatizio, suddividendo il suo stipendio in tre parti: la prima per vivere, l’altra per le sorelle che stavano ad Aviano, l’ultima per incrementare la biblioteca.

A “distrarlo” da questa sua attività meticolosa venne il matrimonio con Carlotta Colpo, probabile parente della sua matrigna, sposata nel gennaio 1847. Un rapporto tranquillo (Cicogna aveva già sessant'anni) che fu brutalmente interrotto due anni più tardi quando il 21 agosto, a poche ore dalla resa della città all'impero asburgico durante i moti che avevano infiammato gli ultimi diciassette mesi (ai quali non diede alcun apporto) la donna morì di quel colera fulminante che imperversava in città assieme alle bombe austriache.

Cicogna, che per la sua attività era stato nel frattempo era nominato socio dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, fece allora divenire le sue ricerche una vera missione, continuando ad acquistare manoscritti, libri e pubblicazioni d'ogni genere, catalogandoli nel suo “Saggio di bibliografia veneziana”, ancor oggi un caposaldo per chi si cimenti nella ricerca bibliografica veneziana, e dando termine all'altro suo lavoro di una vita, “Delle Inscrizioni Veneziane”, che assieme alle trascrizioni epigrafiche racconta le storie di chi vi compare, ed è dunque un compendio su usi, costumi, fatti e personaggi della Repubblica.

Il 22 febbraio del 1868 Emmanuele Antonio Cicogna, che suo malgrado era nato veneziano, vissuto francese e poi austriaco, e infine morto italiano, si spense a Venezia all'età di 79 anni.

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