Andrea Navagero da Murano, il latinista che bruciava i libri di Marziale

Lunedì 23 Settembre 2019
Andrea Navagero visto da Bergamelli
Fu fine umanista rinascimentale, poeta, oratore e botanico. Sì, botanico, se è vero come si legge da qualche parte che il suo parco di Murano allora ricca di fantastici giardini descritti come lioghi de ninfe e semidei da un suo contemporaneo fu uno dei primi, se non il primo, giardino botanico d'Europa, nel quale piantò ogni sorta di essenza della quale potesse entrare in possesso, inclusa (racconta ancora la vulgata) la prima pianta di mais mai cresciuta in Occidente. Ma Andrea Navagero, che vide la luce a Venezia nel 1483 come quartogenito dell'agiata e nobile famiglia di Bernardo Navagero e Lucrezia Bolani, fu anche molto di più: dopo aver seguito i suoi studi classici a Padova (assieme ad altri giovani di belle speranze destinati a diventare grandi nomi della filosofia e della cultura come Girolamo Fracastoro, Giovambattista Ramusio e Gasparo Contarini), avviò una proficua collaborazione con Aldo Manuzio, per il quale curò le edizioni dei testi classici in latino, dei quali era un fine conoscitore. Il 30 gennaio 1516 il Senato lo nominò responsabile della Biblioteca Nicena, incarico che ricevette contestualmente a quello di storiografo ufficiale della Repubblica; nelle intenzioni dei senatori della Repubblica avrebbe dovuto proseguire le Historiae rerum Venetarum iniziate dal suo maestro Sabellico, ma in realtà Navagero non adempì al compito, che rimase inevaso fino alla sua morte e fu ripreso successivamente da Pietro Bembo.

Andrea Navagero non era certo arrivato a quell'incarico per caso: per la sua attività di latinista, assieme alla collaborazione con Manuzio per la cura di opere di Cicerone, Virgilio, Quintiliano, Lucrezio e Ovidio, fu stimatissimo a Roma dove ospite di Baldassarre Castiglione assieme ad Agostino Beaziano fu ritratto con l'amico in un doppio ritratto eseguito da Raffaello Sanzio. Nel 1510 tenne per conto della Repubblica una orazione funebre (oggi perduta) per la regina di Cipro Caterina Corner e nel 1515 ne tenne un'altra per il condottiero Bartolomeo d'Alviano, sotto il quale aveva combattuto per la riconquista di Pordenone. La Serenissima ricorse a lui anche nel giugno del 1521, quando nella sua veste di storiografo ufficiale fu chiamato a pronunciare l'orazione in morte del doge Leonardo Loredan; fu poi nel Consiglio dei quarantacinque che il 6 luglio successivo ne elesse il successore, Antonio Grimani. La sua carriera politica stentò a decollare, ma si concretizzò infine in incarichi di prestigio: fu ambasciatore in Spagna alla corte di Carlo V dopo la campagna vittoriosa degli iberici sui francesi e la ratifica dei capitoli di pace e alleanza tra l'Impero e la Serenissima del 29 luglio 1523; risalgono a questo periodo alcune lettere nelle quali oltre alle relazioni personali emergono interessi economici e culturali, con una attenzione particolare per l'archeologia, la poesia e la letteratura, ma anche per le scoperte geografiche e per le novità naturalistiche e antropologiche che il nuovo mondo portava con sé.. Nel frattempo la sua fama di latinista, complici alcuni suoi altissimi componimenti poetici nella lingua dei classici, si accrebbe moltissimo. Amava la purezza dello stile e adorava Catullo: si racconta che per lo stesso motivo odiasse lo stile di Marziale, che considerava falso ed affettato, e a tal punto detestava la lascivia petulante di quest'ultimo che ogni anno, in un giorno da lui stabilito, sacrificava ai Mani di Catullo un libro di Marziale, bruciandolo.
Un amore per la perfezione letteraria che applicava anche a se stesso, dando alle fiamme ogni suo scritto che ritenesse insoddisfacente. Rientrò a Venezia dalla Spagna il 24 settembre 1528 e il 2 marzo 1529 partì per il nuovo incarico di ambasciatore in Francia; ma una febbre improvvisa ne causò la morte a Blois l'8 maggio successivo. Le spoglie, accompagnate a Venezia dal fratello Pietro, furono sepolte come da sua volontà nella chiesa di San Martino di Murano, oggi abbattuta. L'isola lo celebra con una importante fondamenta che ne porta il nome, mentre dal 1779, per volere di Nicolò Erizzo, una sua statua orna l'anello monumentale di Prato della Valle a Padova.
Ultimo aggiornamento: 24 Settembre, 09:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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